La magnifica sede, presso l’Università Bocconi di Milano, della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (Fondazione BCFN), giovedì 1 dicembre, ha ospitato la 7° edizione del Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione.
Per due giorni questa manifestazione richiama annualmente da tutto il mondo scienziati per discutere i problemi del cibo e, nel recente passato, ha dato anche molti consigli agli organizzatori di Expo 2015 di Milano.
Forse mai come questa volta il presidente Guido Barilla si è esposto in prima persona con tanto vigore denunciando una situazione che secondo lui negli ultimi 5 anni, da quando ha toccato questi temi pubblicamente per la prima volta ad una manifestazione a Madrid, si è notevolmente aggravata.
Il problema maggiore è quello che riguarda la sostenibilità delle produzioni agricole: un tema da tempo sotto i riflettori, ma che si ingigantisce a ritmo crescente e per la cui soluzione si è fatto, sino ad ora, troppo poco. Poco più di un anno fa anche all’interno dell’Expo di Milano si sottolineava un dato importante: nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 9 miliardi di persone – probabilmente 10 come si è detto al Forum – contro 1,5 miliardi degli inizi del secolo scorso.
Francia, Giappone, Canada: I paesi più sostenibili dal punto di vista alimentare in termini di nutrizione, agricoltura, spreco #BCFNforum pic.twitter.com/BPmsDkTCJN
— BarillaCFN (@BarillaCFN) 1 dicembre 2016
Che fare? Guido Barilla ha presentato una prima serie di iniziative per cercare di prevenire il peggio. E per far questo, secondo lui, è fondamentale coinvolgere i cittadini partendo da queste premesse.
Già oggi, per nutrire i circa 7 miliardi della popolazione del pianeta Terra, si consumano le risorse di un pianeta e mezzo e se non si trovano veri rimedi nel 2050 occorreranno le superfici di 3 pianeti. Il primo problema è che 2 miliardi di individui mangiano troppo e 800 milioni sono sottonutriti o malnutriti. Il cibo, quindi, è il perno intorno al quale ruota la convivenza del pianeta e, nonostante questo, ha perso parte del suo valore perché l’agricoltura industriale lo ha fatto diventare una pura commodity. Mentre 800 milioni di persone non hanno accesso al cibo, un terzo della produzione viene gettata e i prezzi sono in perenne in discesa.
Le temperature medie del nostre pianeta potrebbero aumentare di 5 gradi entro la fine di questo secolo causando gravissimi problemi di siccità e desertificazione. Già nel 2025 due miliardi di persone soffriranno la scarsità di cibo e nel 2050 due terzi vivranno in condizioni di stress. Le conseguenze inevitabili, a causa di povertà, fame e scarsità di cibo, potrebbero verificarsi saranno flussi migratori enormi, fino a 1 miliardo di persone, in cerca di terre promesse che a quel punto non ci saranno neanche più.
All’interno di questo scenario, Barilla ha presentato 3 progetti: l’introduzione e l’adozione di un index di sostenibilità, l’istituzione di un premio giornalistico in partnership con la fondazione Thomson Reuters, il monitoraggio delle politiche internazionali relative alla nutrizione insieme al Milan Center for Food Law and Policy.
Si parla molto e si fa poco: questa la netta denuncia da parte di Guido Barilla. Il modello economico attuale è la causa di tutto e non è più sostenibile. La finanza non può più essere l’unico criterio con il quale guidare e controllare lo sviluppo. “Noi conosciamo il settore e possiamo avere un ruolo chiave per ispirare il legislatore” ha sostenuto Barilla. Come? Tassare non solo il profitto ma anche l’impatto ambientale, indirizzare risorse per l’innovazione verso la sostenibilità (biodiversità, sviluppo tecnologie agricole ed industriali ecc); creare un contesto sociale a favore di cambiamenti adeguati e coerenti; dare più importanza ai territori promuovendo le comunità locali. Questi alcuni dei contenuti che secondo Barilla si possono semplificare nello slogan “mangiare meglio, mangiare meno, mangiare tutti”.
Dalla fondazione Barilla altre iniziative pubblicitarie… tanto per cambiare! 🙁 Tutto greenwashing per mettersi in mostra. Se fossero “bravi e buoni” come dicono sarebbero passati da anni al solo biologico, userebbero solo cereali integrali e non lavorati, recupererebbero grani antichi e produzioni locali (e non grano Creso bombardato ai raggi gamma e modificato negli anni ’70), toglierebbero l’olio di palma dai loro prodotti, smetterebbero di usare carne (su cui poi a volte si scagliano perché vendono spaghetti) nei loro ripieni tipo tortelli e co. e cercherebbero di ridurre zuccheri e junk food. Sorvolo sulle farine importate da chissà dove piene di micotossine e sui vari scandali degli ultimi anni.
Trovo molto triste che chi avrebbe il potere di insegnare abitudini nutrizionali corrette e sostenibili ai cittadini non lo faccia per mero profitto. Ancora più triste che getti fumo negli occhi con le sue iniziative pubblicitarie pseudo-ecologiste.
Ma non è mai troppo tardi per cambiare…