L’uva da tavola, protagonista dell’edizione 2024 di Macfrut, ha pienamente soddisfatto le aspettative dei numerosi partecipanti che hanno riempito la sala congressi l’8 e 9 maggio.
Parliamo di un frutto che accompagna la storia dell’uomo da millenni e che negli ultimi anni ha visto sviluppi entusiasmanti, soprattutto per gli aspetti che più interessano il consumatore: gusto, croccantezza, conservabilità, aspetto esteriore.
Queste caratteristiche si aggiungono a un naturale contenuto di servizio, che ne aumenta ulteriormente il valore in un contesto di nuovi consumi e nuovi consumatori: l’uva non deve essere tagliata, ogni acino è un boccone per consumatori piccoli e grandi, è facile da mangiare in tutti i momenti della giornata, è facile da trasportare e portare con sé, si conserva a lungo anche nel frigo di casa.
Unire le forze della filiera in associazioni di prodotto
Oscar Salgado, esperto globale di produzione e dinamiche di mercato per l’uva da tavola, nella sua presentazione ha previsto sviluppi di forte impatto nel settore: “Nuove aree di produzione, nuove varietà che sostituiscono le tradizionali pongono sfide epocali ai produttori in tutto il mondo. Alcune aree di produzione tradizionale tenderanno a sparire o a ridurre il loro ruolo, specialmente in paesi con filiere di lunga tradizione”.
L’analisi di Salgado, che ha aperto la seconda giornata del convegno, indica anche cosa fare per sopravvivere in questi contesti inediti e mutevoli: “Promuovere l’uva in tutti i modi possibili, su tutte le piattaforme, unire le forze della filiera in associazioni di prodotto. Il singolo produttore dovrà tessere relazioni di lungo termine con i suoi partner, evitare sorprese nelle forniture, capire meglio i mercati e le loro dinamiche. Ma, soprattutto, dovrà tenere sotto controllo e migliorare in continuazione i costi, la produzione, la produttività e un livello concorrenziale di qualità”.
Secondo Salgado “l’attività in campagna e il post raccolta hanno ciascuno un impatto del 50% sul buon esito di una fornitura di uva”.
I trend del futuro? Fabiani: “Controstagione, segmentazione, preconfezionato”
Germano Fabiani, responsabile ortofrutta di Coop Italia, si è confrontato con gli operatori italiani del settore partecipando alla tavola rotonda dedicata alle prospettive del mercato italiano dell’uva da tavola: “I prossimi trend che guideranno lo sviluppo della categoria sono il controstagione, la segmentazione e lo spostamento verso il preconfezionato. Abbiamo appena iniziato a costruire la stagione dell’emisfero sud: anche grazie alla qualità delle nuove varietà disponibili, vediamo un grande potenziale”.
“Per il suo posizionamento competitivo, e per soddisfare le diverse esigenze degli acquirenti, Coop Italia continuerà a offrire ai propri consumatori una categoria uva segmentata – ha aggiunto Fabiani – Vedo anche un progressivo abbandono della vendita del prodotto in rinfusa. Nei nostri punti di vendita si vedrà sempre più prodotto preconfezionato”.
“La nostra visione di una moderna categoria uva include, da un lato, l’innovazione varietale, e quindi il riconoscimento del ruolo dei breeder, e , dall’altro lato, una attenzione congiunta a prodotto e territorio, che devono essere presentati e comunicati insieme”.
Che succede in Perù e in Spagna
Benjamin Cilloniz ha illustrato la situazione del Perù, paese nel quale il primo raccolto di uva su un nuovo impianto si ottiene soltanto 12 mesi dopo la messa a dimora. E, dopo il secondo raccolto, un impianto è già a piena capacità. “Questo dà al Perù un importante vantaggio competitivo, il cambio di varietà per rinnovare l’offerta è molto più semplice”.
Attualmente in Perù ci sono 22mila ettari di uva da tavola in produzione, che corrisponde circa a metà della superficie italiana. Le varietà principali sono Sweet Globe (22%), Red Globe (16%) e AutumnCrisp (14%).
Fina Mena, direttore commerciale di Moyca, ha presentato la situazione produttiva della Spagna, un paese che esporta 180mila tonnellate di uva da tavola in Europa (principalmente Regno Unito, Germania e Paesi Bassi) e in 30 paesi oltremare, dagli Stati Uniti alla Malesia. “Il 100% delle uve prodotte da Moyca è senza semi – ha spiegato Mena – Siamo pionieri nello sviluppo varietale, sempre alla ricerca di nuove e migliori varietà per i nostri clienti”.
Johan Fouché ha invece descritto le caratteristiche della produzione del Sudafrica, paese che – forte di una produzione di qualità – è rimasto finora immune dagli shock della logistica che hanno interessato il canale di Suez e lo stretto di Panama. Problemi che stanno invece pesando su altri paesi e fornitori dell’Europa, quali India, Cile e Perù.
Storie di successo
Nella sua relazione Graziano De Filippis ha raccontato la storia di successo di Blanc Seedless, l’uva senza semi che “si riconosce per la sua croccantezza e per il suo sapore di vaniglia dolce, incrociato con un tocco di mela Granny Smith. Questa varietà è attualmente piantata in quattro continenti: in Italia gli attuali 84 ettari aumenteranno nei prossimi due anni fino a diventare 150″.
Sviluppi futuri
I relatori sono stati unanimi nel riconoscere al settore grandi potenzialità di sviluppo futuro, nonostante le complessità che derivano dalla globalizzazione e dalle sfide a essa connesse.
Il punto chiave sarà il riconoscimento dell’importanza degli attori dell’intera filiera: dai breeder ai produttori, dai confezionatori ai grandi retailer con la creazione di collaborazioni strategiche di lungo termine.