Nelle pompe di benzina Eni si fa anche la ricarica alle auto elettriche, e si scrive a tutta pagina nelle pubblicità della multinazionale. Anche Shell si tuffa nel green e installa colonnine. La mitica General Motors ha acquisito il 25% della Pure Watercraft che produce motori marini elettrici e investe 35 miliardi di dollari sulla conversione a emissioni zero. La Volkswagen sulla transizione scommette ancora più denaro. In campo agricolo la CNH entra in una startup californiana di trattori elettrici e New Holland sta disegnando il suo trattore con le batterie. I grandi miti della società contemporanea, petrolio e motore endotermico, sono messi in discussione. Cosa c’entra con l’ortofrutta e i mercati all’ingrosso? Il mondo cambia.
Cambia anche il consumo di frutta e verdura
La notizia della chiusura dell’impresa del Gruppo T18, data per primo da Eugenio Felice, ha attirato l’attenzione di tutto il mondo dell’ortofrutta. Non solo i grossisti, ma pure i fornitori e gli imprenditori agricoli. La fine di un’era? L’inizio dell‘estinzione dei mercati all’ingrosso? Assolutamente no, ma il mondo cambia. Perfino i petrolieri, il grande nemico di tutti i movimenti radicali e no global degli ultimi decenni, cambiano. E perfino le fabbriche che hanno determinato lo sviluppo industriale del pianeta.
E l’ortofrutta? In pieno e totale rivoluzionamento. La Gdo arriva direttamente nei campi e in alcuni casi contratta varietà, calibri, tempi, packaging. I consumatori, come per il cellulare, sposano la filosofia della portabilità e alternano i canali di approvvigionamento. Canali che si sono moltiplicati.
Una miriade, spuntano come funghi, di imprenditori che ci portano a casa, in ufficio, in edicola, qualcuno pure dal ferramenta, la cassetta di ortaggi oppure quella di arance da spremuta e magari antirazziste. Ma ci sono anche le clementine solidali, i cavoli biologici e possiamo andare avanti all’infinito con le nicchie e le segmentazioni. Poi c’è la vendita diretta. Marito e moglie in negozio, chiamiamola rivendita, e il figlio a consegnare ai grossisti. Una pluralità di soggetti che fanno concorrenza ai mercati all’ingrosso. Senza se e senza ma.
E ora Amazon Fresh
Su myfruit.it abbiamo scritto del primo negozio Amazon Fresh a Los Angeles nell’agosto 2020, in pochi mesi sono arrivati gli articoli su Roma, Milano, Torino serviti dal gigante del commercio online. In diretta concorrenza con i clienti dei grossisti dei mercati. Insomma il futuro è già qui. Presente. Ci sarebbe da studiare, pianificare, organizzare e rispondere a tutti questi movimenti e dinamiche. Ma troppo spesso scriviamo di traslochi in corso da anni e non ancora conclusi, adeguamenti delle strutture tutte da completare, oppure di disperati che si arrampicano sui muri del mercato di Milano. Per fortuna scriviamo anche del tetto fotovoltaico più grande d’Europa a Bologna o delle novità a Roma. Si parla anche di hub per la consegna dell’ortofrutta in città. Ma serve di più, il mondo cambia velocemente.
Facile a dirsi…
Chiaro ed evidente che i grossisti non sono multinazionali cariche di soldi e ben armate a competere nello spazio globale. Si fa fatica a gestire l’ordinario. Li sentiamo spesso e conosciamo le difficoltà del settore. Non aiutano gli agenti esterni come i disastri climatici e a patogeni di ogni sorta. Pensiamo all’attuale campagna delle pere. Il cambiamento climatico altera i tempi e pure i consumi. Emergenze degli ultimi anni tutte da governare. E’ facile parlare di strategie e piani, necessarie e inevitabili, ma serve anche tanta forza e risorse. Se i mercati possono diventare le piattaforme per le consegne all’ultimo miglio servono ingenti investimenti sulla logistica che non possono affrontare i grossisti. Pur nel pessimismo della ragione sposiamo l’ottimismo della volontà di Valentino di Pisa, presidente di Fedagro, e di Stefano Cavaglià, presidente della federazione di Torino, perché c’è tutto un mercato da conquistare. Impresa non facile ma possibile.