Un altro colosso della logistica nei guai. Questa volta è il turno di Ups Italia, alle prese con un maxi sequestro di oltre 86 milioni e l’accusa di frode fiscale.
I fatti
I pubblici ministeri contestano alla filiale italiana della società statunitense di spedizioni internazionali la somministrazione illecita di manodopera per un ammontare di 480 milioni di euro oltre a 86 milioni di Iva. L’illecito avveniva attraverso la stipula di contratti fittizi e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Nel dettaglio, la guardia di finanza avrebbe scoperto che i rapporti di lavoro dei dipendenti venivano schermati da società filtro. Le quali, a loro si volta, si rivolgevano a cooperative cosiddette serbatoio. Queste ultime omettevano, in maniera sistematica, il versamento dell’Iva o dei contributi previdenziali dei lavoratori.
Il meccanismo
La frode si concretizzava dunque con l’esternalizzazione illecita della forza lavoro da parte di Ups a carico di 178 diverse società che fungevano da serbatoio di personale. Un ingranaggio al cui centro c’era l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti e la stipula di sedicenti contratti di appalto al posto di quelli di somministrazione di manodopera.
Realtà fittizie, per lo più piccole cooperative, consorzi e società di capitali di breve durata rappresentate da prestanome. “Società – spiega la procura – che non avevano alcuna ragione di esistere se non quella di fornire la propria forza lavoro a Ups, con i dipendenti che ne venivano completamente assoggettati all’interno dei ritmi produttivi e che venivano guidati da software per massimizzare la produttività”.
I dipendenti venivano costretti a firmare le proprie dimissioni, per poi essere assunti da un nuovo datore di lavoro svolgendo sempre le stesse mansioni per il medesimo committente, Ups. Si dava dunque per scontato che tutti i collaboratori avrebbero accettato in ragione della necessità di lavorare.
Le conseguenze
In queste ore sono in corso perquisizioni nei confronti di persone e società coinvolte nelle province di Milano, Roma, Como e Reggio Emilia. Nel registro degli indagati sono iscritti i tre rappresentanti legali di Ups che si sono succeduti dal 2017 al 2022. Per un anno la società non potrà pubblicizzare beni e servizi.