Tra i paradossi che investono direttamente il settore dell’ortofrutta c’è anche quello della Mandorla di Avola: è tra le più apprezzate in assoluto (la confetteria è la sua destinazione di elezione), ma sta attraversando, ormai da tempo, un momento molto complesso, a causa della pandemia, prima, e di una spietata concorrenza, poi.
A fare il punto è Giorgio Cappello, presidente del Consorzio Mandorla di Avola, che spiega: “Scontiamo ancora il grande problema generato al nostro comparto dalle chiusure per la pandemia da Covid-19. Due anni di banqueting e matrimoni pressoché azzerati, si sono inevitabilmente riflessi anche sulla confetteria, che storicamente è sempre stata uno dei nostri sbocchi privilegiati. Si sono quindi accumulate giacenze con le quali ancora dobbiamo fare i conti”.
I problemi, però, difficilmente arrivano sempre da soli. “La siccità prolungata del 2022 – prosegue Cappello – ha generato piccoli calibri, ovvero pezzature che mal si adattano alla confetteria. Per dirla coi numeri: su 1.000 chilogrammi di mandorle, solo 300 risultano adatti a fare confetti. Poi c’è la questione della concorrenza, che è costante e alla quale non possiamo adeguarci a livello di prezzi”.
Proprio i listini sono un altro scoglio ancora tutto da risolvere. “In epoca pre-Covid, dopo tanti sforzi, eravamo finalmente riusciti a invertire la rotta e ad attestare il prezzo della Mandorla d’Avola in guscio a 2 euro il chilo all’ingrosso. Era una quotazione sostanzialmente accettabile, che permetteva al produttore di pensare anche in prospettiva a nuovi investimenti. Ora, con il Covid e tutto ciò che è seguito, siamo arrivati a 1,35–1,40 euro il chilo. Contestualmente, i costi di lavorazione sono schizzati alle stelle, senza parlare della manodopera. Se poi vogliamo aggiungere che il nostro sistema di produzione è fatto sostanzialmente di aziende medio-piccole, mentre la concorrenza può contare su grandi estensioni e realtà, si fa presto a trarre tutte le conclusioni del caso”. La situazione, quindi, oggi non è affatto confortante, ma nonostante tutto per Cappello vale la pena credere in questa mandorla, che ha caratteristiche straordinarie e non solo.
“Noi produttori non vogliamo snaturarci – rileva – e continuiamo a dire no agli allevamenti intensivi. Questa mandorla continua ad avere numerose potenzialità, non solo per le sue caratteristiche intrinseche (rispetta la risorsa idrica al contrario del prodotto californiano, ha importantissime proprietà nutraceutiche, tutela le api anziché decimarle, non vi vengono fatti trattamenti, ecc.), ma anche perché preserva e contraddistingue lo skyline dell’intera Val di Noto. Confidiamo quindi che le vendite ripartano in prossimità della Pasqua e che la domanda possa presto riprendere consistenza. Si può intravedere anche un tiepido ottimismo”.
Per la campagna 2023, intanto, i quantitativi dovrebbero essere inferiori al 2022. “L’anno scorso – conclude Cappello – è stata una buona campagna a livello quantitativo; probabilmente, la prossima non lo sarà altrettanto sotto questo punto di vista”.