Rispetto alla situazione che c’è in diverse parti d’Italia, l’Alta Langa fa un po’ storia a sé per quanto riguarda la produzione delle nocciole. Nel 2020 l’annata è stata in linea con quella degli anni precedenti (non eccezionale come altrove), ma quella del 2021, anche se probabilmente un po’ in flessione, non sarà nettamente inferiore, come ci si attende invece nella maggior parte d’Italia. La conferma arriva dallo stesso Alessio Porro, vicepresidente di Corilanga, cooperativa agricola con sede a Rocchetta Belbo (Cuneo) nata nel 2010, che oggi aggrega una trentina di produttori e che trasforma il proprio prodotto in diversi semilavorati, per i comparti della gelateria, della pasticceria e dell’Horeca in genere.
“Nel 2020 – spiega Porro – la produzione si è attestata sui tremila quintali. Quest’anno, probabilmente, i quantitativi saranno leggermente in flessione, ma non eccessivamente. E la qualità ce la aspettiamo alta. Tutta la nostra produzione, del resto, è Nocciola Igp delle Langhe”.
Ancora Porro continua: “In Alta Langa, le gelate di aprile non hanno colpito particolarmente; inoltre, dal punto di vista produttivo ci aiuterà anche il fatto di non avere registrato, lo scorso anno, quantitativi straordinari come avvenuto altrove. Ci auguriamo, piuttosto, che crescano un po’ i prezzi, perché lo scorso anno diversi produttori sono rimasti un po’ delusi. Il fatto dei prezzi bassi, tuttavia, non è stato completamente un fattore negativo durante lo scorso anno e i primi mesi di quest’anno: proprio questo fattore, infatti, può avere inciso nella ripresa delle vendite, dopo che le chiusure dovute alla pandemia e all’Italia dei colori (zone rosse, arancioni, gialle) avevano decisamente rallentato gli scambi, provocando al contempo una grande frammentazione negli ordini, fatti poco alla volta. Finchè non c’è stata certezza sulle riaperture, c’è stato infatti timore nel fare acquisti”.
L’emergenza Covid, poi, ha cambiato anche la geografia commerciale per Corilanga. “Della nostra produzione – conclude Porro – circa il 50% è destinata all’estero. Prima della pandemia, i mercati per noi più interessanti erano Cina, Stati Uniti e Nord Europa, mentre nel post pandemia vendiamo praticamente solo nei Paesi europei”.