Bene la fiera digitale (anche se perfettibile), meno bene il sistema produttivo 2.0. Questa in sintesi l’impressione post Macfrut Digital di Claudio Mazzini, responsabile freschissimi di Coop Italia. “Intanto onore al merito. Piraccini è arrivato prima – puntualizza – Ha avuto coraggio di provare un’altra strada. Strada peraltro poco costosa e meno impegnativa per gli espositori. Ma chi pensava di trovare la stessa efficacia e liturgia della fiera fisica ha sbagliato”.
Il lockdown, però, ha insegnato qualcosa e, per il manager di Coop Italia, nella tre-giorni di fiera andava applicata qualche regola dello smart working: “E’ stato il limite di tutti. Servivano tempi serrati, e una maggiore puntualità. Poi c’è stato qualche problema tecnologico. In generale, è una questione di metodo legato alla tecnologia. In questo senso, forse sarebbero stati sufficienti due giorni di fiera. Ma quanto realizzato per questa fiera potrà essere riutilizzato in altri eventi per farci conoscere in nuovi mercati”.
“Chi si è presentato, sia come espositore, sia come richiedente incontri b2b, nella maggior parte dei casi lo ha fatto alla vecchia maniera – aggiunge Mazzini – Per quanto riguarda Coop, noi abbiamo pianificato incontri di 20 minuti al massimo e solo se accompagnati da una breve presentazione e dall’oggetto della discussione”.
Insomma, per Mazzini pochi espositori e pochissimi richiedenti hanno fatto il salto di pensare alla digitalizzazione del proprio messaggio. “Tra questi l’azienda Sipo, che ha interpretato in maniera smart la fiera, grazie a un uso combinato di whatsapp e dei social. Per il resto, è mancata proattività digitale. E’ mancata l’evoluzione digitale dei fornitori”.
Detta in un altro modo, il settore fatica a fare il marketing tradizionale, figuriamoci il digital marketing. Ma dagli errori si può imparare e migliorare.