“Il continente africano è una priorità globale, ed è uno dei maggiori problemi che ha l’Europa”. Per un settore ortofrutticolo italiano in difficoltà, la sintesi di Renzo Piraccini non poteva essere più centrata. E non a caso ieri a Roma, nella sede dell’Ice, il continente africano è stato il leit motiv alla presentazione della 36esima edizione di Macfrut, la rassegna internazionale dell’ortofrutta (organizzata da Cesena Fiera) che si terrà al Rimini Expo Centre dall’8 al 10 maggio.
Accompagnata da due parole chiave – internazionalizzazione e innovazione – la manifestazione “vuole rappresentare l’orgoglio di un sistema cardine del made in Italy agroalimentare”, ha spiegato il presidente Piraccini. Aggiungendo che quest’anno in fiera, nei 55mila metri quadrati di superficie, con oltre 1.100 espositori, un quarto esteri, ci saranno otto padiglioni di cui uno dedicato proprio all’Africa.
Duecento le aziende che arriveranno in fiera, in particolare da 14 paesi dell’area subsahariana: Angola, Benin, Congo, Etiopia, Ghana, Kenya, Mozambico, Namibia, Senegal, Somalia, Sudan, Uganda, Tanzania, Zambia. A conferma del ruolo centrale ricoperto dall’Africa nel panorama internazionale, sul piano demografico ed economico. Le attuali previsioni indicano una crescita annua del 5% del Prodotto interno lordo, che nel 2030 dovrebbe attestarsi al 5% del Pil mondiale. E in questo contesto, sottolineano i vertici di Macfrut, “l’ortofrutta può essere un volano per la crescita economica del Continente, aprendo ampi spazi di azione per l’Italia, ai vertici della produzione globale e leader nella tecnologia e nel packaging di settore”.
Certo, i numeri di questi tempi non aiutano. Frutta e ortaggi rappresentano ancora la prima voce dell’export per l’agroalimentare italiano, con 8,4 miliardi di euro (il vino si ferma a 6,2), compresi i prodotti lavorati e conservati. Posto che per quest’ultimi, in base a elaborazioni Ice su dati Istat, il 2018 rispetto all’anno prima è stato archiviato con un aumento del 4,5%, a oltre 3,5 miliardi. Mentre il fatturato estero per la frutta fresca è diminuito dell’8%, a circa 3,4 miliardi, quello per gli ortaggi del 2,2%, a poco più di 1,5 miliardi. Con un particolare: le esportazioni dell’Italia sono fortemente limitate al mercato interno europeo (83% la frutta, 89% gli ortaggi), il 7% è destinato nei Paesi europei extra-Ue. In Asia e America del Nord, nella migliore delle ipotesi, non va oltre il 5% della produzione. Non pervenuto, e comunque irrisorio, il dato sull’export in Africa.
Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, ha ricordato che “da tempo stiamo cercando di compattare il sistema ortofrutticolo nazionale per recuperare il terreno perso: l’anno scorso abbiamo esportato 447mila tonnellate di prodotti in meno e la nostra bilancia commerciale, anche se attiva, è scesa a 780 milioni, quasi 300 in meno rispetto al 2017”. L’embargo russo, che perdura dal 2014, secondo Salvi si è tradotto in “2,3 miliardi di merce che nel frattempo si è riversata in buona parte sul mercato Ue. Intanto per le nostre aziende restano chiusi nuovi importanti mercati, dove c’è richiesta di prodotto italiano. Ma lì le esportazioni non vanno in automatico e il problema delle barriere fitosanitarie va risolto. Al momento nei paesi extra-Ue possiamo esportare solo kiwi e arance. Mentre i dossier per pere, mele e uva da tavola sono ancora chiusi. In Cina, ma anche in altri paesi, come Giappone e Messico”.
Paolo Bruni, presidente del Cso Italy, ha rimarcato la necessità di un “gioco di squadra che per questi, e altri prodotti, potrà opportunamente fare leva su Macfrut”. Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo e responsabile ortofrutta dell’Alleanza delle cooperative, ha ricordato come le sofferenze del settore nascano anche da “ricorrenti crisi di mercato e cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno portato all’ingresso di nuovi parassiti”. Ma l’Africa “deve continuare a essere un’opportunità per le nostre produzioni”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Roberto Luongo, direttore generale dell’Ice-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e Giuseppe Mistretta, direttore centrale Dgmo Africa, che ha richiamato l’efficacia della sinergia avviata da anni con Macfrut a sostegno dello “sviluppo agroindustriale, in particolare dell’ortofrutta, dove servono network e imprese”.
In questo contesto nasce anche il progetto Lab Innova tra Ice Agenzia e Macfrut per sviluppare il partenariato tra imprese Ue-Africa e che punta su formazione manageriale, innovazione e trasferimento tecnologico nel settore agricolo e agroindustriale africano.
Alla prossima edizione della fiera dell’ortofrutta italiana – main sponsor e business partner di questo percorso è il Gruppo bancario Crédit Agricole, insieme a Coface, leader mondiale nell’assicurazione dei crediti – ampio spazio sarà dato all’innovazione. Tra le novità, il Greenhouse Technology Village per le colture orticole in serra, l’AcquaCampus con 500 metri quadri di superficie dove saranno in azione gli impianti irrigui tecnologicamente più avanzati. In programma anche la seconda edizione del Tropical Fruit Congress, con i trend di mercato della frutta tropicale in Europa e i prodotti emergenti come lime, papaya e passion fruit, passando dall’ananas con il The Pinepple Day.
Altro evento internazionale, alla prima edizione, il Table Grape Meeting sull’uva da tavola, di cui l’Italia è primo produttore europeo.
Partner nazionale di Macfrut 2019 sarà la Regione Piemonte, che con 20mila ettari di frutteti, di cui 7mila a meleti e la mela rossa Igp di Cuneo in particolare, punta a incrementare la propria presenza sui mercati internazionali.