L’incubo del cinipide ritorna sul Monte Amiata. L’insetto che per circa un decennio ha devastato castagneti dal nord al sud della Penisola, e che dallo scorso anno sembrava ormai essere stato debellato, sta di nuovo preoccupando i castanicoltori di questo areale, dove peraltro si produce la pregiata Castagna Amiata IGP. Tanto che Lorenzo Fazzi, presidente dell’Associazione della Castagna Amiata Igp, nei giorni scorsi ha scritto a Marco Remaschi, assessore all’agricoltura della Regione Toscana, per capire se quello dell’Amiata sia un caso isolato o se anche in altri territori risulta che il problema stia riemergendo. “Dai primi monitoraggi – è scritto nella lettera di Fazzi – è emerso che l’attacco del cinipide galligeno, che lo scorso anno sembrava in fase di regressione, si presenta oggi in notevole ripresa con gravi infestazioni. Per capire la situazione a livello regionale e confrontarmi con le altre realtà, vi sarei grato se poteste fornirmi notizie sull’andamento negli altri territori”.
Per la verità, quella di Fazzi è al momento una forte preoccupazione, non ancora un totale allarme. Perché, come ha riportato nei giorni scorsi il quotidiano “Il Tirreno”, lo stesso Fazzi ha precisato: “Bisogna verificare se le galle rosseggianti che si vedono nei castagneti contengono torymus (l’insetto antagonista del cinipide, n.d.r.) o cinipide, o entrambi. Non è ancora tempo di allarmarsi, perché dobbiamo ancora vedere cosa c’è dentro le galle”. Sempre sulle colonne del Tirreno, è riportata anche la risposta del Servizio Fitosanitario regionale, che scrive tra l’altro: “Dopo un’intensa attività di rilascio dell’insetto antagonista (oltre 1.000 lanci), che ha portato in cinque anni ai primi risultati di contenimento del danno, è previsto che si proceda a una verifica (supportata da riscontri nei boschi) della ricomparsa di danni causati da cinipide, nel periodo primavera estate nel 2016. Resta importante monitorare la reale situazione in aree campione e per il 2016 si prevede di effettuare riscontri in un numero minimo di 50 fino ad un numero massimo di 100. Le aree saranno individuate a partire da punti prossimi come distanza dai siti di rilascio del Torymus, di cui (a seguito dell’emanazione del decreto dirigenziale regionale 884 del 23 marzo 2013) il servizio fitosanitario regionale ha un archivio aggiornato, per terminare con punti distanti dai siti di rilascio”.