Il nocciolo può essere una coltura funzionale per ridurre la tanto famigerata impronta di carbonio? La risposta è positiva e arriva direttamente da Macfrut 2023.
Ne hanno infatti parlato, in un convegno organizzato ieri da Terremerse, Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, Marco Acutis, professore ordinario di Agronomia e coltivazioni erbacee all’Università di Milano, Augusto Bianchini, professore associato del Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Bologna, Luisa Tranquilli di Bms Micronutrients, Simona Caselli, presidente di Areflh (Assemblea regioni ortofrutticole europee), Gianfranco Pradolesi, responsabile ricerca e sviluppo di Terremerse, Emilio Sabatini, direttore generale di Terremerse, Marco Casalini presidente di Terremerse.
Il Green Deal, infatti, propone entro il 2030 un percorso che Terremerse ha avviato molti anni fa, promuovendo un concetto di sostenibilità integrale che preservi l’agricoltura nel futuro. Per questo la cooperativa si sta impegnando su progetti che valorizzino la parte agricola e offrano importanti vantaggi imprenditoriali e ambientali, come nel caso del nocciolo. Una coltura interessante, è emerso dal convegno, anche per la sua capacità di sequestrare, in maniera superiore rispetto ad altre arboree, l’anidride carbonica in eccesso prodotta dall’attività umana, principale causa del surriscaldamento terrestre e dei cambiamenti climatici. Il mercato dei crediti di carbonio, peraltro, può rappresentare una buona prospettiva di integrazione al reddito per le aziende e segnare un importante cambio di paradigma, così da riconoscere finalmente il giusto peso alla figura dell’agricoltore e alla produzione.
Come agire, nella pratica della coltura del nocciolo, per produrre quantitativi di anidride carbonica significativamente minori? A introdurre una vera e propria innovazione in tal senso è stata Luisa Tranquilli, la quale ha diffuso i dati sulla differenza della carbon footprint che intercorrono tra la tecnica della concimazione fogliare (in particolare l’Ecomethod di di Bms Micronutrients) e quella della concimazione a terra. Ebbene, per ogni ettaro di nocciolo, la concimazione fogliare Ecomethod produce 31 chili di CO2, contro i 576 chili della concimazione a terra. “La differenza – nota Tranquilli – è del 94,48%”.
Augusto Bianchini ha rilevato tra l’altro: “Si va verso un mercato dei crediti di carbonio, ma ancora non ci sono regole chiare e c’è una grande dinamicità in questi meccanismi”. Anche Simona Caselli è ben cosciente di questa situazione, e ha assicurato la massima attenzione da parte di Arefhl, per evitare che alcuni paesi vengano svantaggiati rispetto ad altri sulla questione dei crediti di carbonio. La pratica potrebbe finire sotto la gestione della Spagna, a cui toccherà la presidenza del Consiglio dell’Ue da luglio a dicembre 2023. Tuttavia, non è affatto scontato che si arrivi a definire, con l’attuale consiglio europeo (le elezioni ci saranno nel 2024) un regolamento chiaro e definito sui crediti di carbonio, poiché sul tavolo ci saranno anche il dossier imballaggi e quello fitosanitario. “Arefhl – ha assicurato Caselli – è in prima linea a rappresentare gli interessi delle regioni ortofrutticolo europee, anche perché dobbiamo fare in modo che i testi che saranno approvati non siano sballati per i nostri interessi”. E, per parlare di una situazione concreta, Caselli ha evidenziato che, nel calcolo dell’impronta di carbonio da parte di chi produce ortofrutta, bisognerà stabilire precisi paletti, fermandosi ad esempio al momento della trasformazione, senza calcolare a quali latitudini vengono spediti certi prodotti (nello specifico, Caselli ha citato il caso illuminante del vasetto di Nutella).
Per chi è interessato al nocciolo anche in ottica di crediti di carbonio, Terremerse sta facendo la sua parte. E lo ha confermato Emilio Sabatini, rilevando: “C’è un piccolo ostacolo psicologico verso questa coltura: il fatto che sia un investimento a medio-lungo termine. Per incentivare gli investimenti in tal senso, Terremerse dà la possibilità di rendicontare già nel piano operativo il materiale vivaistico e quello per l’irrigazione, permettendo di recuperare da subito il 50% della spesa sostenuta nell’ambito dell’Ocm ortofrutta. Inoltre, integriamo il tutto con la nostra assistenza tecnica, commerciale e finanziaria”.
Mercalli, da parte sua, ha rimarcato l’urgenza di certi interventi. “La priorità – ha ribadito – è ridurre le emissioni per non avere una catastrofe climatica. Il clima, se peggiorerà ulteriormente, ci metterà nella condizione di non avere più una economia. Ricordiamoci che principio di diminuire emissioni non serve per fare soldi, ma per salvarci la pelle”.
Acutis è invece intervenuto sulle prospettive future del digitale in agricoltura, in particolare sul tema: l’intelligenza artificiale potrà sostituire il certificatore, anche nel caso delle pratiche da adottare per i crediti di carbonio? “E’ una bella sfida – ha commentato – ma oggi non abbiamo ancora una digitalizzazione così spinta. La prospettiva non è dietro l’angolo”.
Nelle sue conclusioni, il presidente Casalini ha poi esortato a non demonizzare il lavoro dell’agricoltore, visto che ha sempre più gli occhi puntati addosso per via dell’impronta di carbonio, e ha invitato a unire le forze – politica, parte tecnica, ricerca e produttori – per la salvezza del pianeta.