Nel Pnrr ci sono miliardi per l’agrivoltaico, le aziende agricole che ci hanno pensato per tempo non soffrono i rincari energetici e chi non lo ha fatto si morde le mani. Se ci mettiamo in mezzo anche la guerra che sta riportando in vita i veleni storici come carbone e petrolio ogni freno alle rinnovabili diventa incomprensibile. Così la pensano e così lo scrivono Coordinamento Free, Legambiente Calabria, Kyoto club, Italia Solare. Sono le associazioni che lancia in resta accusano la Regione Calabria di ostacolare lo sviluppo dell’agrivoltaico della Regione.
Non piace il limite del 10%
L’oggetto della disfida è la modifica di un articolo di legge regionale che limita al 10% la superficie da dedicare all’agrovoltaico. Percentuale ritenuta non sufficiente dalle associazioni ambientaliste. Questa la nota: “La Regione Calabria si avvia a bloccare l’agrivoltaico ignorando le sentenze e le disposizioni nazionali e dalla proposta di modifica della legge urbanistica si evince che si vuole fissare il 10% d’utilizzo della superficie agricola, rendendolo di fatto impossibile da realizzare“.
La spesa non vale l’investimento
Non basta il 10%? Questa la tesi delle associazioni: “Potrebbe sembrare una percentuale innocua, ma in realtà lede proprio quella categoria di agricoltori che si dovrebbero proteggere: quelli piccoli. Realizzare un impianto fotovoltaico sul 10% di una piccola proprietà, significa fare un investimento che non sta in piedi perché non ci sono le necessarie economie di scala. Quindi significa non fare agrivoltaico“. La spesa non vale l’investimento.
A soccorso degli ambientalisti la normativa: “Rileviamo che è espressamente esclusa dalla normativa nazionale per gli impianti agrivoltaici la necessità di rispettare uno specifico rapporto fra impianti e superfici destinate ad agricoltura. In più, abbiamo una giurisprudenza consolidata che afferma il fatto che non si può procedere con l’assimilazione dell’impianto agrivoltaico a quello fotovoltaico tout court, come afferma il Tar di Lecce con la sentenza 586/2022″.
Vista la necessità di ridurre l’import di energia, vista la necessità di decarbonizzare le attività produttive per le associazioni non sembra una scelta sostenibile quella regionale. Si innalzano ostacoli alla produzione di rinnovabili che in un mondo globale con una feroce concorrenza sul prezzo dei prodotti è obbligatorio ridurre i costi per le aziende agricole. A iniziare da quelle energetiche. Regione permettendo.