Dopo uno sciopero durato dieci giorni, i portuali di Livorno non sono soddisfatti e minacciano di fermarsi ancora. “I lavoratori organizzeranno altre forme di lotta”, ha sintetizzato il segretario della Filt Cgil di Livorno Giuseppe Gucciardo.
Dieci giorni di (quasi) fermo
Come raccontato da myfruit.it, dal 12 al 22 settembre il porto di Livorno è stato oggetto di una lunga protesta, culminata con il fermo di 48 ore e una manifestazione di trecento portuali davanti alla sede dell’Autorità portuale. Si tratta di uno sciopero voluto da diverse sigle – Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – e finalizzato a ottenere un aumento delle retribuzioni degli operatori, nonché una serie di provvedimenti per aumentare la sicurezza.
Tra i lavoratori in sciopero anche operatori che, a detta dei sindacati, non solo sono precari da otto anni, ma hanno anche contratti che scadranno il 31 dicembre.
“Bisogna superare il precariato in porto e trovare soluzioni rapide per consentire a questi lavoratori una condizione di vita dignitosa per il loro futuro”, ha dichiarato Gucciardo.
Lo stop causa danni
Il fermo di Livorno, però, non è piaciuto agli altri attori della filiera logistica.
Le associazioni degli autotrasportatori Fita Cna e Anita di Livorno hanno commentato: “Non volendo entrare nel merito delle motivazioni specifiche legate alla sicurezza, alla salute e al lavoro, temi sempre sollecitati anche dalle associazioni dell’autotrasporto, il prolungato sciopero è stato attuato con modalità che hanno principalmente avuto ripercussioni negative sull’autotrasporto, creando disagi e danni economici alle imprese del settore e ai loro lavoratori”.
Disaccordo anche da parte di alcune associazioni degli operatori portuali.
Il vicepresidente e direttore generale di Alis (Associazione logistica dell’intermodalità sostenibile), Marcello Di Caterina, ha fatto sapere che “ritiene controproducente lo sciopero”.
Uniport, invece, auspicando la ripresa del confronto con i sindacati, ha precisato: “Continuare ad attribuire colpe e responsabilità indistintamente a intere categorie, armatori e terminalisti, in una fase così difficile, non solo è ingiusto e non corrisponde alla reale situazione, ma è anche pericoloso. In questo modo si scredita la realtà portuale livornese proprio quando è necessario offrire certezze al mercato e si mettono in dubbio i fondamenti del Ccnl che rimane invece, anche per la parte datoriale, un elemento di certezza e di garanzia”.