E’ in linea con le previsioni di vendita il piano di decumulo di Vip Val Venosta. Al primo marzo 2022 la giacenza nei magazzini delle 340mila tonnellate di mele raccolte nell’autunno 2021, di cui quasi 50mila biologiche, è del 60 per cento.
I mesi primaverili saranno i più interessanti sotto il profilo commerciale: in Italia la vendita è tradizionalmente elevata fino all’arrivo delle primizie estive, mentre in Europa le produzioni locali sono ormai agli sgoccioli e i distributori sono pronti ad accogliere sui propri scaffali le mele della Val Venosta. Un cauto ottimismo per la seconda parte della stagione trapela dunque dalle parole di Fabio Zanesco, direttore commerciale Vip, e di Gerhard Eberhöfer, responsabile per il prodotto biologico, certi di poter soddisfare le richieste nazionali ed estere fino all’arrivo del raccolto 2022.
“Siamo di fronte a una situazione di sostanziale equilibrio per i calibri medio-grandi e per i profili qualitativi più elevati; qui la richiesta è buona e confidiamo di servire il mercato con continuità. Inoltre, le difficoltà logistiche nella gestione container in arrivo dall’Emisfero Sud, legate all’incremento dei costi dei noli e all’incertezza del transit time, giocano a nostro vantaggio, portando il mercato a privilegiare la mela europea – spiega Zanesco – Quindi la medesima situazione che rende difficile il nostro export extra-Ue ha aperto, come altro lato della medaglia, alcune opportunità interessanti che dovremo assolutamente cogliere”.
“La situazione è decisamente più complessa per le referenze medio-piccole o di minore qualità, soprattutto per le tradizionali Golden e Red Delicious ma non solo, per cui si sconta una naturale sovrapproduzione in Europa, con canali commerciali ormai saturi o quasi – sottolinea Zanesco – I Paesi europei che valorizzano questo tipo di prodotto sono limitati, e al di fuori di tali canali è molto difficile trovare spazio. A seconda delle zone e delle varietà, la percentuale di prodotto di questo tipo sul totale può essere significativa, il che sicuramente influirà negativamente sul risultato finale per il produttore”.
Il tasto dolente dei costi
Sulle aspettative economiche, inevitabile toccare il tasto dolente dei costi. “Non è mia responsabilità diretta dato che mi occupo di vendite – afferma Zanesco – ma è un tema con cui noi commerciali combattiamo comunque quotidianamente. La pressione sulla filiera produttiva è forte, dal lato dell’energia, del packaging, della logistica e del costo stesso del lavoro, e per i produttori non sarà possibile assorbire da soli uno shock simile. Capisco che la distribuzione abbia a che fare con un consumatore spaventato dalla spinta inflattiva degli ultimi tempi e dalla crisi economica, ma senza una soluzione congiunta, che dovrà per forza passare lungo la catena del valore parte di questi costi, la produzione non si sostiene. Altro che sostenibilità economica”.
Il punto sul bio
Tornando agli aspetti più direttamente commerciali, le varietà Golden e Red Delicious sono quelle che soffrono di più anche nel biologico. Commenta Eberhöfer: “In generale il mercato di riferimento di Vip è per il 60% domestico, per oltre il 30% europeo e per circa il 10% extra Ue. Nel caso del biologico, invece, l’Italia rappresenta solo il 25% del totale mentre la maggior parte delle mele è venduta su piazze straniere, dove la Golden è meno richiesta. E in una stagione come quella attuale, caratterizzata dalla raccolta record proprio di questa varietà, è un segnale da non sottovalutare. Per le mele rosse, al contrario, le prospettive sono migliori, anche in forza della scarsa produzione tedesca che quest’anno ha subìto un calo di circa il 13%, lasciando liberi spazi commerciali interessanti”.
Gli spunti di riflessione
Così Zanesco: “Se guardiamo al mercato nel suo complesso, sono convinto che sia arrivato il momento di eliminare dalla vendita e destinare alla trasformazione la merce che non garantisce esperienze gustative eccellenti e dunque che non rispetta determinati parametri organolettici, in termini di consistenza o grado brix. La segmentazione del mercato dovrebbe avvenire, oltre che per varietà, anche in base alla qualità effettiva. La selezione della seconda scelta, invece, dovrebbe essere fatta solo in base a difetti estetici, soddisfacendo così tutti i livelli di prezzo, e riportando alla ribalta il concetto del brutto ma buono anche nel convenzionale; la mela è un prodotto democratico ad ampia penetrazione tra le famiglie italiane, possiamo e dobbiamo avere una mela buona per tutti, su tutti i segmenti di prezzo. Ovviamente solo al tavolo con i principali produttori e partner della distribuzione nazionale è possibile pensare a questo approccio, ma spero possa essere un input presto condiviso. A chi obietta che la qualità è determinata dallo stato di gestione e conservazione della mela lungo l’intera supply chain, io rispondo: intanto assicuriamoci di iniziare bene”.
D’accordo Eberhöfer, che aggiunge: “Per il futuro, dobbiamo regolare il nostro portafoglio varietale in base alle richieste di mercato tenendo conto che le strategie europee Farm to Fork e Biostrategy spingono sempre più aree concorrenti alla produzione biologica. Questo ci pone davanti a un’ulteriore sfida, ovvero quella di sostenere la crescita di consumi di mele biologiche. È su questa partita che per noi è fondamentale mantenere e consolidare la nostra leadership a livello nazionale ed europeo”.