Import/Export

Export, le imprese femminili hanno più difficoltà

Uno studio dell’Ocse rileva una minore propensione iniziale ad accedere ai mercati internazionali. Bene l’e-commerce

Le imprese guidate da donne mostrano una minore propensione all’export (11%) rispetto a quelle guidate dai colleghi uomini (19%). E’ quanto emerge dal report Future of business elaborato dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sulla base di dati relativi a oltre 10mila aziende attive nel 2022.

Alcune differenze sono state rilevate anche sul fronte delle importazioni: la quota di aziende femminili che si è avvalsa di approvvigionamenti esteri è stata dell’11%, contro il 15% di quelle maschili.

Le motivazioni

Secondo lo studio il divario potrebbe essere causato da due elementi. Il primo: le donne sono maggiormente attive in realtà di dimensioni contenute e che offrono servizi (e non beni), dunque due tratti distintivi delle imprese generalmente poco votate all’export. Il secondo: in genere le aziende guidate da imprenditrici sono più giovani e meno strutturate. Il che significa che, prima di varcare i confini, sono più concentrate a consolidare l’attività nel paese di origine.

Una questione di genere?

Ma, fa notare l’Ocse, circa un terzo delle imprese in rosa che non vanno all’estero non possono essere incasellate in queste due variabili. E quindi, suggerisce il report, è bene annoverare tra i fattori limitanti anche il genere, ossia la conseguenza di condizionamenti sociali più o meno impliciti. Tra questi, in cima alla lista si trova “il desiderio di coniugare lavoro e vita familiare”, una considerazione del tutto assente nei ragionamenti dei colleghi.

C’è un altro elemento da rilevare. Una volta che le imprenditrici superano le barriere iniziali, e dunque iniziano a esportare i propri prodotti, le loro quote riferibili alle vendite concluse sui mercati internazionali sono del tutto simili a quelle delle realtà guidate da uomini.

Una differenza evidente riguarda invece il destinatario finale delle esportazioni: le imprese femminili si rapportano più spesso con i consumatori finali anziché con altre imprese. Nel dettaglio, il 79% delle aziende a guida maschile conclude vendite estere b2b, mentre per le imprese femminili questa quota è pari al 51 per cento.

Imprenditrici forti nell’e-commerce

Un ulteriore spunto di riflessione che emerge dall’analisi dell’Ocse riguarda il canale e-commerce. Lo studio svela infatti una maggiore propensione delle donne a intraprendere il commercio elettronico. Le imprese a guida femminile che oggi hanno sistemi di vendita online sono il 53% dei casi (contro il 43% del pre-pandemia), mentre quelle maschili restano al 44% (40% pre-Covid).

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