Import/Export

Export italiano, i numeri che preoccupano

Secondo l’Istat il 2023 ha chiuso in positivo ma a fine anno l’andamento è stato negativo. L’allarme del mondo delle conserve

A chiusura del 2023 le esportazioni italiane extra-Ue mostrano segno positivo, seppur lieve (+2,5%). A dirlo è l’Istat (Istituto nazionale di statistica), che evidenzia altri due aspetti. Il primo: nel 2022 la crescita delle esportazioni era stata decisamente più marcata, +20,9 per cento. Il secondo: l’import vive una fase di contrazione marcata: -20,9%, dopo il +54,5% dell’anno procedente. 

I numeri nel dettaglio

Per le vendite estere, fa notare l’Istituto, il declino è iniziato a fine anno: a dicembre 2023 si registra infatti una flessione del 7,2% dell’export (a novembre era pari al -3,4%) che ha interessato tutti i comparti, fatta eccezione per i beni di consumo durevoli (+0,4%).
Pesante anche la contrazione tendenziale dell’import, pari a -26,8 per cento.

La contrazione delle esportazioni italiane è evidente in tutti i principali paesi partner extra Ue, con maggiore riferimento a Cina, Giappone (per entrambi -16,6%) e Regno Unito (-10%). Sono invece positive le performance delle vendite verso i paesi Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) (+26,5%).

Passando alle importazioni, a dicembre 2023 sono risultate in calo quelle da tutti i principali paesi partner, a eccezione degli Usa (+12,8%). Gli acquisti dalla Russia registrano la flessione tendenziale più ampia (-77,4%), ma è da evidenziare anche il -41,9% dei paesi Asean (Associazione degli Stati del sud-est Asiatico) e il -39,1% degli Opec. 

Con la crisi del Mar Rosso, lo scenario internazionale degli scambi commerciali potrebbe peggiorare e qualche segnale già si registra. Un campanello d’allarme lo ha lanciato Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali). 

La crisi del Mar Rosso preoccupa il pomodoro da industria

Il comparto delle conserve rosse è infatti da sempre fortemente export oriented, con circa il 60% delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali. Molti tra i principali mercati di riferimento sono in Asia e in Oceania: si stima un giro di affari di circa 380 milioni di esportazioni (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere molto seriamente sui flussi commerciali, in particolare a causa dell’aumento del costo dei noli. 

“La forte incertezza che segna lo scenario geo-politico globale ci preoccupa – ha dichiarato Giovanni de Angelis, direttore generale di Anicav – Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia, ma anche a molti altri Paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli, generato dal contesto, va monitorato con grande attenzione perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e container, stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli. A questo si aggiunga anche l’impatto sugli approvvigionamenti di materia prima e semilavorati che arrivano sostanzialmente dal Far East”.

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