Valorizzare il biologico con i distretti. Si può fare. Almeno in Emilia Romagna dove l‘assemblea regionale ha approvato la prima legge in Italia che riconosce e promuove lo strumento dei biodistretti.
Distretti industriali, agroalimentari e ora i biodistretti
La debolezza della struttura industriale italiana, mancanza di grandi gruppi, ha permesso la nascita e lo sviluppo dei distretti industriali in tutta la Penisola. Innovazione di successo che ha suscitato l’interesse di tutti i centri di ricerca universitari mondiali per questa forma originale di capitalismo che supera i problemi di scala attraverso la sinergia e collaborazione tra medie e piccole imprese.
Un modello vincente che ha avuto una sua declinazione anche nei distretti agroalimentari italiani. Secondo i dati di Monitor di Intesa Sanpaolo, nel 2022 il giro d’affari complessivo di queste aggregazioni ha superato i 25 miliardi. Un modello che funziona.
Cosa sono i biodistretti?
La definizione viene spiegata da Silvia Zamboni, la consigliera regionale di Europa Verde, che ha presentato la proposta di legge approvata dall’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. “Si tratta di comunità territoriali che associano gli agricoltori che adottano il metodo di coltivazione biologico che non fa uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti di sintesi chimica, o che sono in conversione dal metodo convenzionale a quello bio”.
Ma oltre i produttori, compresi gli allevatori, fanno parte delle comunità anche “trasformatori e rivenditori dei prodotti bio e agriturismi“. Ma non è finita qui perché possono aderire anche Comuni e scuole. Un aspetto fondamentale “per una sinergia utile, ad esempio, alla diffusione delle mense scolastiche bio e all’educazione alimentare“. Il cerchio si allarga e si chiude con centri di ricerca e Università.
L’obiettivo del loro riconoscimento istituzionale e della loro creazione è la valorizzazione del metodo di produzione biologico, la tutela della biodiversità e della fertilità del suolo ma anche la promozione economica della filiera e quindi delle aziende che ne fanno parte.
In Emilia Romagna oltre settemila imprese biologiche
La scelta dell’Emilia Romagna è dettata dalla consistenza della filiera biologica regionale. Zamboni offre i numeri: “Secondo l’ultimo rapporto redatto dalla Regione, conta 7.330 imprese (+5,85% rispetto al 2021), un dato che la mette al quinto posto tra le regioni italiane. Mentre la superficie coltivata col metodo bio ha raggiunto il 19% della superficie agricola utile (sesto posto in Italia)”.
A disposizione 250mila euro in tre anni
Bene la legge, ma i fondi per far partire i distretti? Sono previsti 50mila euro sul 2023 e 100mila euro ciascuno su 2024 e 2025. In tutto 250mila. La stessa relatrice della legge sottolinea: “Pochi, in verità. Ma sono già stati annunciati dalla giunta regionale incrementi sul prossimo anno. Le risorse, assegnate tramite bandi, andranno a finanziare analisi, studi e ricerche di mercato e di settore; azioni divulgative; l’organizzazione e la partecipazione a corsi, mostre, fiere, mercatini; la diffusione di linee-guida e conoscenze scientifiche; la pubblicazione di cataloghi e la realizzazione di prodotti multimediali per far conoscere i distretti”.
I primi biodistretti e l’osservatorio
C’è la legge, ma ci sono già i distretti o già formati o in formazione. Il Biodistretto Alte Valli nell’Appennino Piacentino, Parmense, Toscano e Ligure, il Distretto biologico di Parma, quello in provincia di Reggio Emilia, il Biodistretto Valli del Panaro, il Distretto bio dell’Appennino Bolognese, il Distretto bio della Val Bidente e dell’Alta Val Rabbi, il Distretto bio della Romagna Estense e il Distretto bio promosso dal Comune di Cesena.
La legge prevede anche l’istituzione di un osservatorio. Nota politica: la norma è stata approvata all’unanimità dei gruppi politici presenti in aula durante la votazione. Convinta anche l’opposizione. Fabio Rainieri della Lega: “Si tratta di un progetto importante per dare una regolamentazione ai biodistretti. La legge vuole essere un aiuto ai distretti che hanno nel biologico il loro punto di forza attraverso norme chiare su chi può e chi deve far parte di un distretto biologico, evitando abusi e confusione”. Poi il Pd con il consigliere Matteo Daffadà: “Legge molto importante per il nostro territorio, ringraziamo la collega Zamboni per il lavoro fatto”.