Ammonta a 270mila tonnellate la produzione di nocciole, mandorle, noci, castagne e pistacchi realizzata dall’Italia nel 2023. Un’offerta ricca e diversificata, in termini di varietà e caratteristiche distintive, espressione dei molteplici territori di provenienza, che pone l’Italia nella Top-ten dei produttori mondiali. Nell’ultimo decennio, nonostante l’aumento delle superfici investite, gli eventi climatici eccezionali hanno penalizzato le rese, riducendo l’offerta interna del 7% e determinando un maggiore ricorso al prodotto di importazione. Sono alcune delle principali evidenze dell’analisi Ismea presentata oggi al convegno “Gli Stati generali sulla frutta in guscio” organizzato al Macfrut di Rimini.
Più in dettaglio, come emerge dalla presentazione di Mario Schiano, analista di mercato Ismea, nel 2023 l’Italia ha importato un quantitativo di 460mila tonnellate, quasi due volte la produzione nazionale, per un controvalore di 1,4 miliardi. Si tratta soprattutto di forniture extra-UE con Usa, Turchia e Cile che insieme concentrano oltre il 50% dei volumi totali.
Un ruolo di rilievo è rivestito, tuttavia anche dalla Spagna, da cui dipende circa il 12% del nostro import. L’Italia è il sesto maggiore importatore mondiale di frutta in guscio, per il rilevante fabbisogno dell’industria dolciaria nazionale, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, ma anche per la significativa crescita dei consumi interni, favoriti dalla diffusione di stili di vita orientati al benessere e dal successo di prodotti innovativi, quali mix e barrette energetiche/dietetiche, che hanno contribuito a destagionalizzare l’acquisto di frutta in guscio svincolandolo dalle tradizionali occasioni legate a ricorrenze e festività. Nell’ultimo anno il consumo complessivo di frutta in guscio in Italia (considerando la domanda intermedia e finale) si è attestato, secondo le elaborazioni Ismea, a 638 mila tonnellate, il 25% in più rispetto a dieci anni fa.
Secondo i dati Ismea-Niq, nel 2023 la spesa delle famiglie italiane per gli acquisti di frutta in guscio “tal quale” hanno totalizzato 1,1 miliardi (di cui 911 milioni di prodotto confezionato), per volumi complessivi superiori a 115 mila tonnellate. Significativo l’incremento anche rispetto all’anno dell’emergenza Covid, quando le vendite sul circuito domestico avevano registrato un picco di crescita. Rispetto al 2020 gli acquisti sono infatti aumentati dell’11% in termini quantitativi e del 16% in valore.
Passione intergenerazionale
Si tratta di una passione intergenerazionale, quella per la frutta in guscio, che coinvolge i più giovani, la Generazione Z, ma anche i Boomers, come rivela la ricerca condotta in collaborazione con il Dipartimento Coris della Sapienza di Roma illustrata nel corso del convegno. In cima alle preferenze dei consumatori, sottolinea l’analisi presentata da Fabiola Sfodera, ci sono noci e mandorle particolarmente apprezzate per le loro proprietà nutritive, davanti alle nocciole. Seguono pistacchi e arachidi, per i quali la spinta all’acquisto è correlata soprattutto a fattori edonistici e, infine, le castagne, il cui consumo risente ancora però di una forte componente stagionale.
La ricerca, condotta nella seconda metà del 2023 utilizzando diverse tecniche quali analisi netnografica (ossia lo studio delle interazioni sociali nei contesti comunicativi digitali), focus group, web sentiment analysis e store check, presso i punti di vendita al dettaglio, ha individuato 4 cluster distinti di consumatori di frutta in guscio: i cosiddetti nostalgici per i quali il consumo è ancora legato a specifiche ricorrenze della tradizione, nutrizionisti fai da te, che ne privilegiano l’aspetto funzionale connesso in particolare al fitness, i fan dell’homemade, che ne esaltano l’utilizzo in chiave creativa in cucina, e gli heavy consumers che consumano regolarmente frutta in guscio per piacere o perché indicati all’interno di specifici regimi nutrizionali.
Tra le diversi motivazioni alla base dell’acquisto prevale la dimensione funzionale di questi alimenti, come la ricchezza di nutrienti, i benefici per la salute, il loro potere saziante, l’utilizzo come sostituto del pasto. Ma a spingere i consumi, soprattutto al Sud, sono anche le componenti ludica e conviviale, legate per lo più alle tradizioni e a specifiche ricorrenze. Tra i driver di acquisto al primo posto è stato indicato il prezzo, seguito dalla qualità, espressa in termini di freschezza e croccantezza, e dal formato che premia le piccole dimensioni, mentre elementi come l’origine italiana, la presenza di marchi di qualità (come i riconoscimenti Dop) e le indicazioni in etichetta sembrano influire in misura minore nei processi decisionali.
Relativamente alle occasioni di consumo, la frutta in guscio appare estremamente versatile: si adatta alla colazione, allo snack spezza fame, all’aperitivo e al dopo cena; in alcuni casi funge da sostituto di un pasto principale.
L’analisi condotta presso i punti vendita (discount, bio/wellness, insegna despecializzata, largo consumo value, largo consumo premium) ha evidenziato l’assenza di una collocazione univoca, con conseguente disorientamento del consumatore. Quando la frutta in guscio è confezionata occupa ampie scaffalature, è collocata all’entrata o nei pressi delle casse oppure all’interno dei reparti snack salati o di quelli dedicati alla colazione. Quando è sfusa si trova principalmente nel reparto frutta e verdura, in genere supportata solo da nome e prezzo. Generalmente i brand protagonisti sono le marche commerciali, le cosiddette private label, mentre le marche industriali sono meno presenti e raramente valorizzate.
Il convegno, moderato da Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Filiere e Analisi di Mercato di Ismea, ha visto confrontarsi su questi temi i rappresentanti della filiera produttiva e della distribuzione: Alessandro Annibali, presidente New Factor SpA, Settimio Discendenti, presidente OP CPN, Pompeo Mascagna, presidente di Assofrutti, Massimiliano Delcore, Ortofrutta Italia, Sonia Ricci, presidente Unaproa, Vincenzo Falconi, direttore Italia Ortofrutta, e Germano Fabiani, responsabile settore ortofrutta CoopItalia.
Fonte: Ismea