Tra i corilicoltori della Tuscia c’è Daniele Romagnoli, titolare di un’azienda a Soriano nel Cimino (Viterbo) che, oltre alle nocciole, produce anche castagne e olive. Romagnoli, nelle ultime settimane, è tra coloro che sta animando la protesta degli agricoltori, perché troppe cose, dal suo punto di vista, non sono ancora state chiarite e continuano a non funzionare.
Tracciando innanzitutto un bilancio dell’ultima annata, Romagnoli spiega: “Anche il 2023 è stato molto negativo un po’ per tutte le nostre colture, in primis nocciole e olive. E, per le nocciole, non parlo solo della mia azienda, ma anche di quelle che coltivo in conto terzi. Abbiamo infatti registrato nuovamente problemi con le gelate tardive in primavera, poi a causa della sovrabbondanza di piogge tra maggio e giugno abbiamo avuto diversi casi di guasto occulto all’interno dei frutti. Insomma un’annata decisamente negativa, con rese inferiori ai 10 quintali per ettaro, e che si somma ormai a una serie di anni consecutivi molto difficili o addirittura pessimi. Basti pensare che, dalle nostre parti, l’ultima stagione decente risale al 2018″.
Peraltro, le prospettive per il 2024 non sono delle migliori. “Spero di sbagliarmi – prosegue Romagnoli – ma l’anticipo di primavera che abbiamo avuto nei giorni scorsi ha sconvolto il ciclo vegetativo delle piante, per cui non mi attendo nulla di buono anche per il nocciolo. Mi auguro, appunto, che non sia così, anche perché noi agricoltori in questi anni abbiamo continuato a fare investimenti e, se non facciamo reddito, non riusciamo a onorare i mutui che abbiamo sottoscritto per migliorare le nostre aziende”.
Anche sul fronte della castagna avrebbe potuto andare decisamente meglio. “Nel 2023 – spiega Romagnoli – la produzione è stata molto scarsa, anche se discretamente remunerata. Nello specifico, due anni fa con 250 quintali ho realizzato 12mila euro, l’anno scorso con 60 quintali 17mila euro. Dunque, il problema è rimasto intatto, a causa appunto della mancanza di prodotto”.
Ora è il momento, per Romagnoli come per tanti altri suoi colleghi, di fare sentire la propria voce su una situazione che ormai perdura da troppo tempo. “Continuiamo a protestare anche in questi giorni (nella foto un’istantanea di un recente corteo di protesta) perché vogliamo aprire un tavolo con il Governo parlando apertamente delle nostre problematiche, che sono tante. Chiediamo il riconoscimento di un giusto prezzo per i nostri prodotti e vogliamo una riforma Pac più decente di quella attuale, dove non ci siano quelle sperequazioni nell’erogazione di contributi che ci sono oggi. Occorre anche rivedere le normative sui trattamenti, altrimenti non si va da nessuna parte. Ci battiamo inoltre per liberalizzare le associazioni di categoria, che stanno facendo di tutto per fare sì che la protesta si sfianchi da sola, ma non hanno fatto i conti con una categoria tenace come la nostra”.