Frutta a guscio ed essiccata

Nocciolo: perchè conviene anche in altre regioni

Non solo Piemonte, Lazio e Campania. Oggi Terremerse ha mostrato il proprio campo sperimentale alla Fondazione Navarra

Il nocciolo? Può essere una valida soluzione anche per i produttori di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e altre regioni d’Italia, storicamente non vocate alla corilicoltura. Questo, in estrema sintesi, è uno dei temi emersi oggi pomeriggio durante l’evento organizzato a Malborghetto di Boara (Ferrara) nel campo sperimentale del nocciolo che la cooperativa Terremerse gestisce alla Fondazione Navarra.

Su un ettaro di superficie sono ospitate 12 varietà, con due differenti sesti d’impianto: il tradizionale 5×4 metri e l’intensivo 4×2. Inoltre, è stato installato un impianto con doppia ala gocciolante interrata, sonda di umidità del terreno e centralina meteo.

I principali obiettivi del campo sperimentale, esposti oggi davanti a una 70ina di produttori intervenuti per l’occasione, sono: verificare le condizioni di adattabilità pedoclimatiche per ogni varietà nell’areale della Pianura Padana; verificare il comportamento dei due sesti d’impianto sulle due forme d’allevamento che si andranno a creare (vaso cespugliato e alberello, mentre il cespuglio non è considerato perché è stato pressochè abbandonato); dare un contributo alla ricerca varietale e vivaistica; fare sperimentazione su difesa, concimazione, diserbo e irrigazione, anche per validare il basso impatto ambientale della coltura; verificare con le industrie di trasformazione la qualità e la resa in sgusciatura delle nuove varietà.

Terremerse crede molto nel nocciolo per i vantaggi tecnici, agronomici e commerciali che può garantire all’azienda agricola. Infatti, l’imprenditore agricolo, e non solo, dovrà sempre più fare i conti con alcuni importanti fattori di estrema attualità, come la scarsità delle precipitazioni piovose, la difficolta nel reperire manodopera, la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli, la riduzione del numero di agrofarmaci utilizzabile per il controllo di malattie e insetti. Il clima, è sotto gli occhi di tutti, sta cambiando e piove sempre meno. Il nocciolo è fra le colture arboree con la minor necessità di acqua. Inoltre, questa coltura è fortemente meccanizzabile, con la possibilità di utilizzare alcuni macchinari già esistenti nelle aziende. Offrendo un contratto di coltivazione pluriennale, Terremerse può in parte garantire stabilità all’impresa agricola.

I plus del nocciolo

A condurre la visita in campo è stato Marco Babini, responsabile Progetto Nocciolo di Terremerse: “Il nocciolo offre diversi vantaggi: è una coltura che si presta a una meccanizzazione quasi completa; c’è un basso impiego di agrofarmaci, anche in vista degli obiettivi del Green Deal 2030; il problema della cimice è contenibile; siamo in grado di offrire contratti di coltivazione per assicurare stabilità all’azienda agricola; la pianta presenta una buona rusticità anche in annate di scarsissime precipitazioni come è stato nel 2022”.

Unico neo, emerso durante la visita in campo, è che anche il nocciolo richiede almeno cinque anni di tempo per entrare in piena produzione, sebbene già al quarto anno si possano apprezzare i primi quantitativi.

Un consiglio che viene dato, attualmente, è quello di una produzione integrata e non biologica, per due motivi. “Il biologico – ha rilevato Babini – ha le armi spuntate nella difesa dai patogeni e, in secondo luogo, può essere ancora funzionale una spollonatura con agrofarmaci, visto che la meccanizzazione, sotto questo aspetto, deve ancora migliorare, anche se ha avuto buoni sviluppi”.

Sempre a proposito di come risolvere il problema dei polloni, per il futuro ci potrebbe essere l’innesto con Corylus Colurna, che non produce polloni. Sul campo sperimentale di Fondazione Navarra, Terremerse sta proprio sperimentando anche questa tecnica di coltivazione, provata ad esempio su Tonda Francescana, Giffoni e Romana. Il problema, attualmente, è legato alla reperibilità del materiale vegetativo adeguato, ancora non disponibile in grandi quantità sul mercato.

Tra i plus che spingono a valutare il nocciolo, c’è anche il modesto investimento iniziale (dipende da caso a caso, ma sono all’incirca 5.000 euro per ettaro) e, come ha ricordato Babini, la possibilità di pareggiare l’investimento già a partire dal settimo anno. Inoltre, grazie ai contributi Ocm, con Terremerse è possibile farsi rifondere il 50% del costo della singola pianta di nocciolo e beneficiare pure di un contributo per l’impianto di irrigazione. Mediamente, i contributi vanno da 1000 euro/ha per le piantine e a 600 euro/ha per l’impianto.

Presente tra gli altri anche il direttore di Fondazione Navarra, Marco Rivaroli, che ha evidenziato nuovamente l’opportunità che offre oggi il nocciolo, per la sua alta meccanizzazione e perché risolve, al contempo, anche i problemi di manodopera.

Numerose, poi, le testimonianze dei produttori che da qualche anno hanno iniziato a impiantare noccioleti nelle loro proprietà. Raffello Mantovani da Rovigo, ad esempio, ha confermato che il suo impianto da 2,5 ettari sta andando secondo le previsioni; Fabio Picchetti da Mantova, nei suoi 10 ettari, ha cominciato a installare impianti di sub-irrigazione; Danilo Albonetti, dall’Imolese, ha raccomandato invece di fare molta attenzione a come si installano gli impianti di sub-irrigazione (a livello di distanze dalla pianta), mentre Sandra Laghi di Battistini Vivai ha sottolineato l’importanza di gestire l’irrigazione anche durante l’inverno, data la sempre più scarsa piovosità, e l’importanza di una “irrigazione choc” durante la messa a dimora delle piantine.

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