C’è molto fermento attorno alla Castagna del Partenio. Non solo dal punto di vista istituzionale (è stato avviato il percorso per riconoscerla come prodotto Igp), ma anche in campagna, poiché si prospetta una delle migliori stagioni di sempre in epoca (quasi) post-cinipide.
A fare il punto della situazione è Gerardo Marano, agronomo e titolare dell’azienda Monfort di Monteforte Irpino (Avellino), che il frutto della castagna lo conosce molto a fondo, non solo per esperienza diretta sui campi, ma anche per la sua passione di riportare alla luce antichi documenti.
“Era ora – commenta infatti subito Marano – che si pensasse all’Igp per questa castagna. Ho fatto diverse ricerche in merito e ho potuto appurare che, già attorno all’anno Mille, ci sono documenti che trattano di trasferimenti di boschi tra abbazie, parrocchie e privati, in cui è inclusa la clausola di trasformare parte dell’area boschiva in castagneto da frutto. Un po’ il contrario – continua Marano – di quanto avviene oggi, con la Soprintendenza che talvolta blocca la trasformazione tra ceduo castanile e castagneto da frutto, mettendo in difficoltà anche giovani che vogliono investire in questa attività. Bisognerebbe però tenere sempre presente che tale trasformazione porterebbe diversi vantaggi, tra cui il fatto che il castagneto è pulito, mentre il bosco è spesso sporco e abbandonato”.
Passando alle previsioni di produzione, Marano rileva: “Al momento, pensiamo che il 2022 possa rivelarsi una delle migliori stagioni dopo gli anni bui del cinipide. Già l’anno scorso abbiamo registrato un buon incremento produttivo rispetto al 2020, superando il 30%. Per il prossimo autunno, confidiamo in un incremento ancora maggiore. Ovviamente, fatti salvi danni da maltempo e da siccità. Nella mia azienda ho circa 21 ettari di castagneto, più altri 12 ancora da convertire, e l’anno scorso sono arrivato a 290 quintali. Quest’anno, punto a 400/450 quintali. I lanci dell’insetto utile contro il cinipide, del resto, sembra che stiano dando buoni risultati. Abbiamo vissuto momenti molti difficili, in cui veniva davvero da piangere: siamo arrivati a raccogliere solo 1 quintale per ettaro. Stando molto bassi coi conteggi, in nove anni di cinipide stimo di avere perso almeno 150mila euro. Ora, appunto, la situazione sembra stia cambiando, e anche molti giovani si stanno avvicinando a questa coltura”.