Fino agli Anni Settanta del secolo scorso, anche in terra ligure la corilicoltura era molto diffusa, forte di una tradizione secolare. Poi, per diverse ragioni, è stata rapidamente abbandonata, ma da qualche anno ci sono produttori che stanno tentando un ritorno al passato, ottenendo già apprezzamenti a livello internazionale. A supportare questi agricoltori, che non si occupano in genere solo di nocciole, ma affiancano tale coltura solitamente all’olivo, c’è la Cooperativa Isola di Borgonovo”, con sede a Mezzanego (Genova). A illustrarne l’attività in ambito corilicolo è il presidente, Mario Dodici, che spiega: “Come cooperativa siamo nati nel 2005, per iniziativa di sette olivicoltori ormai stanchi di fare la fila ai frantoi. Nel 2014 si è insediato un nuovo consiglio di amministrazione e, un anno più tardi, è iniziato tra i territori di Mezzanego e San Colombano un progetto di valorizzazione della nocciola “Misto Chiavari”, al quale abbiamo presto aderito, coinvolti anche dalla Camera di Commercio di Genova”.
Le cose, stanno continuando ad andare avanti, con risultati positivi. “Oggi – prosegue Dodici – siamo 300 soci, tra cui una ventina di corilicoltori. Abbiamo attualmente una base produttiva di una decina di ettari certificati Misto Chiavari, che sta pian piano crescendo. Entro il 2023, contiamo di aggiungere altri 5 o 6 ettari. I nostri soci possono conferire il loro prodotto in cooperativa, la quale a sua volta lo vende poi ai trasformatori, riconoscendo un prezzo normalmente più soddisfacente per il produttore. Può anche succedere, come è già capitato con una crema spalmabile alla nocciola Misto Chiavari venduta negli Stati Uniti, che un socio si affidi alla cooperativa per la commercializzazione, sfruttando i suoi canali in Italia e all’estero. Oltre a spalmabili, in questo modo abbiamo già commercializzato anche alcuni bancali di biscotti a base di nocciole Misto Chiavari”.
La strada da percorrere, volendo, è ancora lunga, sebbene la volontà non manchi e i risultati non stiano tardando ad arrivare. “La corilicoltura in zona – riflette infatti Dodici – ha origini antiche, attestate almeno fin dal XII secolo. Sappiamo da alcuni documenti che nocciole delle nostre zone sono state vendute, secoli addietro, perfino alle corti dei re di Spagna e di Francia. Fino agli Anni Settanta del secolo scorso, produrne 10 quintali, assicurava a una persona l’equivalente di un salario medio. Poi, la globalizzazione ha spinto le grandi aziende di trasformazione a rivolgersi a mercati con prezzi più convenienti, in primis la Turchia, e lo spopolamento delle campagne per il mito del posto fisso ha fatto il resto. Tanto che fino a una cinquantina di anni fa avevamo circa 400 ettari a noccioleto, mentre oggi siamo ancora al 5-7% di questa quota. La fortuna è che il nocciolo dalle nostre parti è una pianta rustica, che cresce in maniera spontanea e che sopravvive facilmente”.