Nel contrasto biologico alla cimice asiatica, vero e proprio flagello per la nocciola, l’Italia è in prima linea e, oggi, si cominciano a vedere i primi frutti.
A fare il punto della situazione, a margine del convegno organizzato giovedì scorso da Coldiretti a Cherasco (Cuneo), è Lorenzo Martinengo, referente provinciale dell’assistenza tecnica di Coldiretti Cuneo, che spiega: “Si stanno perfezionando dei metodi di lotta biologica molto interessanti. Il segreto, del resto, in questi casi è non focalizzarsi mai su un unico metodo e un solo antagonista, ma provarne diversi. In tal senso – prosegue Martinengo – c’è già un antagonista autoctono che si può rilasciare senza alcuna restrizione in pieno campo, essendo endemico del nostro territorio: si tratta dell’Anastatus bifasciatus, attualmente prodotto da un’unica biofabbrica in Italia (la Bioplanet di Cesena, ndr). Come Coldiretti abbiamo intrapreso i primi rilasci nel 2019, in un noccioleto di Cherasco, poi abbiamo continuato in maniera molto più consistente nel 2020 e nel 2021, arrivando a rilasciare 30mila insetti in 10 comuni dell’Alta Langa, sia in aziende biologiche sia convenzionali. Per l’occasione, ovviamente, anche le convenzionali non hanno fatto trattamenti. Il lavoro che sta svolgendo questo antagonista è molto positivo, anche se ovviamente occorre ancora un po’ di pazienza per apprezzare meglio la sua attività”.
Altri antagonisti per la lotta biologica
Ci sono poi altri antagonisti che si stanno testando. “Si tratta – spiega Martinengo – della cosiddetta vespa samurai e del Trissolcus mitsukuri, che non essendo specie autoctone, possono essere rilasciate solo da enti di ricerca. Anche loro, tuttavia, assieme all’Anastatus bifasciatus, sembra stiano dando risultati positivi, sebbene lo studio sia ancora in corso”.
Il metodo simbioticida
E non è finita qui. “Un altro metodo di lotta che, quando effettuato correttamente, genera il 97% di mortalità tra le cimici, è quello simbioticida. Anche in questo caso non occorrono trattamenti fitosanitari, ma si agisce semplicemente tramite la concimazione fogliare, soprattutto a base di Dentamet. Questo concime agisce sui batteri intestinali della cimice, rendendole sterili e portandole a non nuocere. La cosa positiva, è che al contempo sono preservati invece gli insetti utili”.
L’unione fa la forza
La lotta contro la cimice asiatica, ma anche quella autoctona, potrebbe quindi essere presto vinta. “Al momento – conclude Martinengo – possiamo dire che l’unione fa la forza. Del resto la natura, quando arriva un insetto alieno, inizialmente è disarmata, poi pian piano affila le sue armi. Aiuti in tal senso contro la cimice potrebbero arrivare, in prospettiva, anche da alcuni uccelli o da pipistrelli”.
Un convegno ricco di spunti e riflessioni
Per quanto riguarda il convegno citato, questo appuntamento ha offerto l’occasione anche per parlare di quadro economico, progetti di filiera e aggiornamenti agronomici.
Nello specifico, Carmine Genovese del Ministero delle politiche agricole che ha presentato il Piano corilicolo nazionale, contenente le linee guida della corilicoltura nel medio-lungo periodo. Daniele Montagnini, tecnico corilicolo di Coopernocciole, è intervenuto sulla case history di successo maturata a Viterbo in un accordo di filiera che coinvolge i produttori Coldiretti di Coopernocciole e la Loacker.
Il presidente di Coldiretti Piemonte, Roberto Moncalvo, ha poi aggiunto: “Negli ultimi anni il nocciolo è diventato la coltura più presente sul territorio piemontese, spostandosi dallo storico areale produttivo delle colline alle fertili pianure, anche in risposta alle problematiche vissute da altri settori come quelli frutticolo e cerealicolo. Con una superficie di noccioleti triplicata negli ultimi cinque anni, molti dei quali entreranno in produzione nei prossimi due-tre anni, è essenziale assicurare prospettive di mercato ai corilicoltori di oggi e di domani con progetti di filiera lungimiranti che premino le eccellenze locali. Lavoriamo già con Novi e nel Viterbese è realtà la filiera con Loacker: la strada per valorizzare il lavoro dei nostri corilicoltori è tracciata. È fondamentale un dialogo sul territorio che accresca la sensibilità di altri industriali: la stessa sensibilità che Ferrero, in accordo con Coldiretti e Inalpi, da anni dimostra nella filiera del latte che assicura il giusto prezzo e la crescita dei nostri allevatori”.
Roberto Botta del Disafa dell’Università degli Studi di Torino ha poi analizzato le cause della cascola del nocciolo, problematica sentita sul territorio che consiste nella caduta delle nocciole prima che abbiano raggiunto la maturità, per la quale sono attualmente in fase di studio innovative soluzioni, mentre Valerio Cristofori dell’Università degli Studi della Tuscia ha esposto la gestione agronomica del noccioleto dal sottofila alla pianta intera, portando l’esperienza di altri territori a confronto con i metodi di coltivazione cuneesi.
“È stata una giornata importante – ha commentato Fabiano Porcu, direttore di Coldiretti Cuneo – che ha offerto interessanti spunti di riflessione e ci fa guardare con fiducia al futuro delle pregiate nocciole cuneesi e piemontesi. È un bene che sia tanto stretta la relazione fra i nostri tecnici, sempre al fianco dei corilicoltori, e il mondo dell’università e della ricerca, perché soltanto insieme e con un approccio di larghe vedute possono affrontarsi i problemi in campo per ottimizzare la gestione dei noccioleti, soprattutto alla luce dei rincari generalizzati e del cambiamento climatico che impongono un aumento di costi e impegno”.