Dal 2004, l’Associazione nazionale Città della Nocciola è in prima linea per promuovere la conoscenza dei territori corilicoli italiani, con tutte le loro diverse peculiarità, e per fare crescere il settore. Le attività sono proseguite, pur tra non poche difficoltà, anche in questo periodo di pandemia. Per saperne di più, myfruit.it ha interpellato Rosario D’Acunto, co-fondatore e presidente di questa realtà associativa.
Presidente, quanti comuni aggrega l’Associazione italiana Città della Nocciola?
A fronte di circa 800 comuni corilicoli in tutta Italia, nel corso del tempo sono stati più o meno 250 quelli che hanno aderito alla nostra associazione. Dico nel corso del tempo perché non sempre tutti i comuni hanno versato la quota associativa, che è comunque pressoché simbolica e va in base al numero degli abitanti. Ad esempio, un comune fino a 500 abitanti paga solo 50 euro, un comune grande arriva a 500 euro. La nostra organizzazione, del resto, continua a essere molto leggera e il lavoro che svolgiamo come associazione è sentito come una vera e propria vocazione.
Oggi qual è un’azione che ritenete particolarmente urgente per il comparto?
Senza dubbio la riapertura del Tavolo corilicolo nazionale. Purtroppo sono mesi, anzi più di un anno da quando abbiamo avuto l’incontro con l’allora sottosegretario all’agricoltura Alessandra Pesce, che assunse l’impegno di convocare il Tavolo, ma purtroppo con quel Governo (il Conte I, ndr) non ci fu la convocazione. Abbiamo avuto poi una serie di incontri on line con il successivo sottosegretario all’agricoltura Giuseppe L’Abbate (Conte bis, ndr), che ha provveduto a promuovere i primi passi per ricostituire il Tavolo, con le designazioni dei vari soggetti deputati a partecipare. Ci aspettavamo davvero, a quel punto, che venisse istituito, ma poi, come è noto, c’è stato un altro avvicendamento al Governo. Ora, auspichiamo che finalmente si convochi.
Perché il Tavolo corilicolo nazionale?
Il piano corilicolo nazionale, deciso dal Tavolo, è ormai scaduto da dieci anni. L’ultimo è datato infatti 2010/12, quindi da allora mancano una regia e una governance della nocciola italiana. Fortunatamente, possiamo dire che, anche grazie alla nostra azione di promozione dei territori vocati e del prodotto nazionale, con le sue diverse cultivar e le nocciole a marchio (Piemonte Igp, Romana Dop, Giffoni Igp, ndr), qualche risultato positivo c’è comunque stato, con grandi multinazionali e importanti player che utilizzano per le loro attività nocciole italiane e comunicano questo aspetto. Tuttavia, non sono ancora indicati né i territori di provenienza né le cultivar utilizzate, e per queste decisioni potrebbe appunto essere molto utile il nuovo Tavolo corilicolo nazionale. Del resto, noi come associazione puntiamo molto a tutelare i territori più vocati, anche perché un noccioleto significa spesso pure un presidio idrogeologico per il territorio, dal Piemonte alla Sicilia, passando per la Liguria, l’Umbria, il Lazio, la Calabria e la Campania. E in assenza di un piano corilicolo nazionale, tutti questi territori hanno continuato a dialogare solo attraverso la nostra associazione.
Altri vantaggi di un piano corilicolo nazionale?
Il piano corilicolo nazionale guarderebbe ai diversi settori del comparto, dalla ricerca, alla coltivazione, alla trasformazione, alla commercializzazione, al marketing, alla comunicazione del prodotto. Noi, invece, riusciamo ad assolvere solo al nostro compito di istituto, cioè a tenere alto nei territori, tra le comunità, l’orgoglio di un prodotto locale in un territorio di qualità.
Un’azione intrapresa dall’associazione e di cui va orgoglioso?
Da dieci anni a questa parte stiamo lavorando a promuovere la figura del contadino-pasticcere, cioè del contadino che trasforma il suo prodotto, per lasciare nella sua azienda e quindi nel suo territorio una ricaduta economica maggiore, rispetto al prodotto raccolto, essiccato e poi venduto. Questa figura ormai si è diffusa e oggi abbiamo diversi noccio-pasticceri dal Piemonte alla Sicilia. Attraverso l’associazione, poi, continuiamo a organizzare con Irma Brizi, la direttrice, corsi di aggiornamento, sensibilizzazione e formazione a quei contadini che vogliono allestire piccoli laboratori di trasformazione.
Prossimi appuntamenti dell’associazione?
Il più importante, in programmazione, sarà a fine agosto a Cortemilia (Cuneo), nell’ambito della Fiera della nocciola di Cortemilia, che è diventata evento nazionale. Il sindaco ha già dato la sua disponibilità ad ospitare un’iniziativa con i rappresentanti dei comuni italiani della nocciola. L’ultimo importante evento, l’Assise Nazionale, purtroppo, si è svolto a novembre 2019 ad Ucria (Messina), poi sono saltate a causa della pandemia le assise che erano state previste sia ad Avella in Campania e a Cardinale in Calabria.
Un suo auspicio per il futuro?
Vorremmo che le multinazionali e i grandi player dichiarassero in etichetta le cultivar di nocciola italiana che utilizzano e i territori dai quali proviene la materia prima, sempre di qualità. Indicando la località di provenienza, infatti, questa acquista più valore e soprattutto in questo periodo si aiutano i territori rurali e le comunità che li vivono anche attraverso il turismo. Non a caso come associazione, con il progetto Artès, stiamo lavorando al Club di Prodotto Nocciola Italiana Experience all’interno del Club di Prodotto JoynPlace. Prodotti esperienziali, affidabili e professionali, sul modello storyliving, per la nuova domanda di turismo esperienziale sempre più alla ricerca di esperienze uniche, memorabili e irripetibili.