Meglio il supermercato perché “trovo tutto quello che mi serve“, ma non si trova tutta l’informazione desiderata. Un gap da colmare. Questi alcuni dei risultati della ricerca Sg Marketing presentata oggi, durante la tavola rotonda del Focus Gdo di myfruit.it e organizzata insieme a Sg marketing, alla fiera Marca di Bologna. L’evento “Ortofrutta, un sistema di valori da comunicare in reparto” moderato dalla direttrice di myfruit.it, Raffella Quadretti, con la partecipazione di Rossella Brenna (Ad Unes), Elisabetta Pellegrini ( buyer ortofrutta fresca e IV-V gamma Coop Italia), Cristiana Furiani (responsabile commerciale di Geofur, azienda della rete di imprese La Grande Bellezza Italiana), Salvo Garipoli ( direttore di Sg Marketing) e con il pieno di pubblico.
L’ortofrutta? Il 58% la compra negli iper e nei supermercati
L’indagine di Sg Marketing ha investigato i luoghi dell’acquisto dell’ortofrutta. Vince la Gdo che svetta con il 58% delle preferenze, la spiegazione è semplice: il 32% del campione risponde perché “Trovo tutto quello che mi serve“, mentre il 22% opta su “comodità”. Una scelta legata anche al tempo a diposizione. C’è un forte zoccolo duro che preferisce il fruttivendolo (19%) e il mercato ambulante, scelti perché “trovo frutta e verdura di origine locale (24%) e di elevata qualità (23%)”. Al 9% la spesa nel discount giustificata soprattutto da “il prezzo è contenuto (41%) e poi perché “trovo tutto quello che mi serve (14%)”. La distinzione però non regge più secondo Salvo Garipoli e scomparirà nella ricerca del prossimo anno. E l’online? Siamo al 3%, ma sottolinea Garipoli: “E’ rilevante, ma ha una funzione integrativa, un momento di approfondimento a beneficio del consumatore”.
Sostenibilità, ma di cosa parliamo?
Nella ricerca e nella tavola rotonda sono emerse le corrispondenze concrete e reali della sostenibilità ovvero cosa significa per il consumatore? Queste alcune delle parole chiave: “Stagionalità, residuo zero, tracciabilità, riduzione dello spreco, plastic free“. Attenzione sottolinea Garipoli: “Qui la Marca del produttore rischia di non avere un ruolo prioritario”.
La Gdo risponde a questa domanda di sostenibilità? “Più o meno tutti danno una risposta a scaffale e per quanto riguarda noi Coop Italia– spiega Pellegrini – offriamo diverse linee che danno una risposta alla valorizzazione dei diversi elementi che compongono la sostenibilità”. Su questo tema siamo già nel presente secondo Pellegrini: “La risposta viene data, migliorabile la comunicazione per dare maggiore visibilità a qualcosa che da tempo stiamo mettendo a terra”.
Questo è un punto debole: “Il consumatore vuole sapere, soprattutto oggi che ha una cultura urbana. Sono sempre meno le persone con sapere agronomico. Se pensiamo al vino è chiaro che ci sono prodotti che raccontano e altri meno”. Ci sono storie da far sapere, ma pure un effetto rassicurante e qui Pellegrini offre un esempio: “Gli agrumi d’importazione. Li abbiamo d’estate e dobbiamo spiegare, in particolare per i limoni, che li prendiamo da un’altra parte del mondo perché mancano da noi, ma assicuriamo il cliente che sono prodotti con gli stessi parametri dell’agrume italiano“.
Il radicchio sostenibile e la stagionalità da riscoprire
Cristiana Furiani ha spiegato la sostenibilità di La Grande Bellezza Italiana: “Siamo sei aziende che hanno dato una risposta mettendosi insieme e ottimizzando risorse ed energie. Risparmio e abbiamo puntato sul cartone come pack, poi diamo informazioni e scriviamo le ricette. Anni fa c’erano 1.200 ettari coltivati a Radicchio di Verona, sono calati a 400 ma grazie all’Igp la caduta si è arrestata e si sono salvati i posti di lavoro. Un esempio di sostenibilità sociale“.
Interessante il ragionamento di Rossella Brenna, Ad di Unes, sulla paradossalità del fenomeno stagionalità: “Il consumatore ci chiede informazioni perché noi lo abbiamo abituato ad avere tutto e sempre. E’ venuta a mancare la cultura agricola e quindi diamo per scontate alcune informazioni che, invece, non lo sono. Penso soprattutto alle nuove generazioni, siamo arrivati a mettere addirittura i cartelloni che indicano le stagioni“. Poi c’è la questione molto pratica di come si gestisce il sistema di comunicazione: “Se voglio comprare il radicchio online c’è una piattaforma in mezzo, e questo spezza la catena informativa“.
Lo scarto tra informazioni date e desiderate
Sg Marketing ha misurato lo scarto tra domanda e offerta di comunicazione. C’è un gap evidente. Su alcuni temi si apre quasi una voragine, ad esempio sui pesticidi si ha un 58% di richiesta d’informazione che viene evasa solo al 20%. Pagine bianche anche sulla stagionalità con un 43% d’informazione desiderata contro il 28% offerto, sui benefici per la salute (25 e 12%) mentre sull’origine c’è un’inversione con più offerta informativa (71%) sulla domanda (65%). Garipoli: “Lo scarto è evidente, il consumatore non percepisce la consistenza di alcune informazioni, non sono sufficienti”. Ma dove il consumatore si aspetta di trovare informazioni? “Sul packaging, sul volantino ma questo non deve essere solo promozionale, si deve puntare a dare maggiore suggestione. Va valorizzato il reparto e qui poche informazioni ma chiare”.
La ricetta: le tre P
Domande, risposte ma la ricetta? Garipoli offre le tre P: “Punto vendita aumentato, prodotto spiegato, proposta includente“. Si punta sempre sul fisico e “mai dare per scontate alcune informazioni. Serve poi la collaborazione tra produzione e distribuzione, aiutare il produttore e farsi aiutare dal produttore“. Una logica di scambio necessaria, anche perché conclude Garipoli: “Vediamo nuovi soggetti strutturati, in particolare nella IV e V gamma, che non conosciamo e sono molto attenti a comunicare. Se non lo facciamo noi ci penseranno i grandi gruppi internazionali“.
Tutto ciò senza nominare il prezzo. Ma questa è un’altra storia.