Quest’anno ho vissuto il Macfrut solo per un giorno, l’ultimo, ma nonostante questo mi sono fatto un’idea su cosa hanno visto visitatori e giornalisti e posso raffrontarlo con i commenti apparsi sui media. Alcuni sono bilanciati, altri meno. Tengo conto che chi, tornando da Tuttofood, ha avuto una reazione di sconforto, è la stessa che ho sperimentato anche io due anni fa, descrivendola poi in un post.
Dal primo anno di vita della fiera Ncx Drahorad è stato espositore. Inizialmente anche consulente per l’internazionalizzazione. Fino a tre anni fa mi piangeva il cuore nel vedere questa fiera perdere terreno anno dopo anno. Più che perdere, non guadagnava, imitando le vicende dell’export italiano dei prodotti ortofrutticoli: mentre l’interscambio internazionale di questo settore aumentava vertiginosamente, quello italiano rimaneva fermo o aumentava di poco. Altri, soprattutto Spagna e USA, nello stesso periodo, guadagnavano significative quote di mercato anno dopo anno. Solo i macchinari e gli imballaggi hanno potuto erigere un efficiente argine al declino e continueranno probabilmente a farlo.
Ma da quando Renzo Piraccini ha preso in mano le redini di Macfrut tutto è molto cambiato, ed in meglio. Già le vicende della concorrenza nazionale l’hanno costretto ad abbandonare la sede storica di Cesena, la quale senza dubbio ha avuto grandi meriti, trasferendosi in un complesso bello e moderno nella vicina Rimini. Anche la qualità dell’offerta è migliorata: più espositori, più padiglioni, più specializzazioni, più eventi. Solo le vie di accesso ed il numero di visitatori non sono adeguati allo sforzo ed agli investimenti sia dell’ente fiera che degli espositori.
E qui voglio ricordare perché l’afflusso di visitatori a Macfrut e la relativa conclusione di affari ristagni. Prima di tutto l’edizione di quest’anno ha avuto solo 7 mesi di pausa dal precedente, ancora a settembre. Poi la proliferazione delle fiere all’estero, la nascita di iniziative contrapposte in Italia, le necessità di cassa degli enti locali che ostacolano l’adeguamento di Macfrut alle esigenze di un mercato che è in rapidissima evoluzione. Mantenere in queste condizioni il numero di ingressi è già un’impresa.
Le critiche più feroci a Macfrut sono state quelle di provincialismo, di padiglioni vuoti in due giorni su tre, della qualità dei buyer e delle difficoltà per raggiungere la fiera. Queste critiche hanno un fondamento di verità e non bisogna ignorarle. Che importanti operatori del settore della IV gamma siano stati soddisfatti di Milano è dato dal fatto che le loro sedi sono in quella provincia e che si tratta di un prodotto standardizzato, semi-industriale. Ma trattandosi della più importante manifestazione fieristica ortofrutticola italiana, c’è l’obbligo morale da parte di tutti di migliorarla e di riportarla ai livello della concorrenza.
Mescolarsi con fiere orizzontali che rappresentano tutto l’agroalimentare, come Sial o Anuga, è escluso dall’esperienza negativa dell’ortofrutta in quelle sedi. Questo, secondo me, esclude anche la commistione con Tuttofood. Poiché, però, non posso credere che rimanendo a Rimini il destino attuale possa migliorare, non vedo altra scelta che trovare un luogo molto più adatto.
Con Macfrut siamo di fronte ad un prodotto ancora buono, se non ottimo, che però ha bisogno di essere prima di tutto adeguato al mercato e, secondariamente, di essere venduto meglio. Deve ridiventare attraente per tutto il mondo, inclusa l’Europa. Ha bisogno di più pubblicità a tutti i livelli. Ma anche di maggior collaborazione da parte dei produttori e degli esportatori. Non è quello che sta succedendo nell’attuale situazione. Se Macfrut non cambia a 180 gradi è destinato veramente al provincialismo, con il mondo delle macchine che per farsi vedere sarà costretto ad emigrare. A questo proposito è da ricordare il tentativo di globalizzazione con Mac Fruit Attraction che, in collaborazione con i concorrenti spagnoli, guarda già oltre.
Non c’è dubbio che ci sono punti di forza come la pluriennale esperienza dell’ente fiera, la professionalità del suo staff, la personalità del presidente ed il sostegno del ministero. Ma se l’attrattiva ed i visitatori non aumentano tutto sarà comunque inutile.
In poche parole: vedo tanti lati positivi ed elenco le condizioni irrinunciabili alle quali essi potranno svilupparsi. Nel 2018 la sede è già stata indicata in Rimini ma subito dopo, il cambiamento vero è conditio sine qua non.
condivido quello che ho letto, in particolare il cambio con una sede più adeguata, è una premessa importante, anche se non totalmente risolutiva.
Grazie. Vedremo gli sviluppi che dovrebbero essere tempestivi.