Con i suoi 250 ettari sparsi tra la Valsugana, la valle di Non, il Bleggio e le colline della valle dell’Adige, il ciliegio rappresenta una coltura importante per il Trentino. Viene coltivato tra i 200 e i 1.000 metri di quota e presenta le caratteristiche della cerasicoltura di montagna, molto simili a quella del nord Europa.
Nella giornata tecnica di oggi all’azienda di Vigalzano (Trento), la Fondazione Edmund Mach ha illustrato ai produttori i risultati delle prove che riguardano le forme di allevamento, i portinnesti, la difesa dalle gelate tardive, l’uso dei fitoregolatori e il miglioramento della qualità finale delle produzioni. Parte di queste attività sperimentali sono state recentemente presentate al nono International Cherry Symposium di Pechino.
L’incontro organizzato dal Centro Trasferimento Tecnologico, che visto la presenza del direttore generale Fem, Mario Del Grosso Destreri, ha previsto anche una visita presso gli impianti sperimentali.
“Nella sede periferica di Vigalzano – ha spiegato in apertura il direttore generale – si concentrano da alcuni anni le attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli frutti”. Destreri ha inoltre sottolineato l’impegno di Fem a supporto del territorio e l’attenzione prioritaria alle problematiche legate alle fitopatie, al miglioramento genetico per la messa a punto di nuove varietà, all’uso razionale della risorsa idrica, alla lotta biologica, ricordando per quest’ultima il ruolo di coordinamento di Fema livello nazionale nel programma di difesa dalla Drosophila suzukii.
L’incontro è stato moderato da Tommaso Pantezzi, responsabile dell’unità Frutticoltura e Piccoli Frutti del Centro Trasferimento Tecnologico. Per quanto riguarda le forme di allevamento testate a Vigalzano sulle varietà Kordia e Regina, le più presenti in Trentino, è emerso come i sistemi di coltivazione a maggior densità di impianto, come biasse e super spindle, abbiano mostrato per Kordia maggiori performance produttive.
Durante la visita all’impianto sono state illustrate le tecniche di potatura utilizzate per costruire nel corso delle stagioni le diverse forme di allevamento. Per quanto riguarda la qualità interna delle ciliegie, la variabilità risulta legata più alle variazioni stagionali che alle diverse le forme di allevamento.
La mattinata ha previsto anche una visita ad una parcella sperimentale in cui sono messi a confronto 14 differenti portinnesti. Sono state illustrate le attività dimostrative presso alcune aziende agricole, in particolare le osservazioni sulle gelate, problema importante per il ciliegio, considerata la particolare sensibilità al gelo primaverile della varietà Kordia. Attraverso il controllo con specifici sensori si sono registrate le temperature critiche per questa particolare cultivar nelle diverse fasi fenologiche, per meglio applicare i sistemi di difesa attivi usati in occasione delle gelate. Infine, sono stati illustrati i vantaggi qualitativi ed economici che derivano dalla pratica del diradamento manuale dei frutticini nelle annate di forte carica produttiva.
Fonte: Fondazione Edmund Mach