Si è svolto in modalità online, mercoledì 29 settembre, il quinto incontro del ciclo 2021 de “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola” dedicato alla mela. I relatori dell’incontro sono stati Roberto Piazza, Accademico Ordinario Accademia Nazionale di Agricoltura, Silvana Hrelia, Ordinario di Biochimica Università di Bologna, Giorgio Palmeri, delegato Bologna dei Bentivoglio Accademia Italiana della Cucina.
La produzione nazionale è di 20/23 milioni di quintali esportata in tutto il mondo. “L’Italia è leader mondiale nella produzione di mele. Le regioni settentrionali, in particolare quelle dell’arco Alpino, che producono il 70% delle mele nazionali. In Piemonte le province di Cuneo e Torino con 80/90mila ton l’anno, in Lombardia la Valtellina con 40/50mila ton, in Trentino la zona principale è la Val di Non con 450/500mila ton e in Alto Adige la Val Venosta dove si producono 800/900mila ton di mele. Seguono poi il Veneto e l’Emilia-Romagna, dove la produzione di “Fuji” è di ottima qualità e sull’Appennino si ritorna a coltivare la storica “Rosa Romana”.
“Accanto alle varietà tradizionali – ha esordito Roberto Piazza – i genetisti sono sempre alla ricerca di nuove varietà, per accontentare i diversi gusti dei consumatori e offrire agli agricoltori varietà sempre più resistenti alle malattie, diminuendo significativamente il numero dei trattamenti con gli agrofarmaci. Quasi la metà delle mele che produciamo in Italia, 20/23 milioni di quintali l’anno, è esportata in Europa, con a capo la Germania, in Egitto e Oriente. Nell’ultimo ventennio tutti i produttori italiano di mele hanno assimilato i concetti di salubrità, basso impatto ambientale, lotta biologica e lotta integrata, e sono al primo posto in Europa e nel mondo”.
Povera di calorie, fonte di vitamine e dal ruolo chemio protettivo
“Numerosi sono i potenziali effetti benefici per la salute delle mele. Il consumo regolare di questo frutto come parte di una dieta equilibrata concorre sicuramente alla prevenzione delle patologie cronico-degenerative e alla protezione della salute. La mela – ha proseguito Silvana Hrelia – è povera di calorie, ed è composta principalmente da carboidrati e acqua. Anche se il frutto è ricco di zuccheri semplici (come il fruttosio, il saccarosio, e il glucosio) presenta un indice glicemico basso e questo è sicuramente dovuto al buon contenuto di fibre. E’ anche una buona fonte di vitamine e sali minerali. Ma il vero patrimonio salutistico delle mele risiede nella loro particolare ricchezza di componenti nutraceutici. La mela contiene un’ampia varietà di componenti nutraceutici, tra cui l’acido idrossicinnamico, la floretina, le antocianine e soprattutto la quercetina. Quest’ultima molecola, presenta un’elevatissima attività antiossidante ed è stata ampiamente studiata per quanto riguarda il suo ruolo chemiopreventivo, vale a dire la sua capacità di inibire l’insorgenza o ritardare la progressione di un tumore, cardioprotettivo e neuroprotettivo. Sono molti i fattori che possono influenzare il contenuto in nutraceutici delle mele, tra cui il grado di maturazione, lo stoccaggio e il cultivar. I cultivar antichi possiedono attività antiossidante superiore ai cultivar moderni, per cui la riscoperta e valorizzazione dei vecchi cultivar risponde pienamente alle richieste di salute da parte dei consumatori”.
Fonte: Accademia nazionale di Agricoltura