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Biosolution nella lotta alla cimice: un fatturato da 3,6 miliardi di dollari

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Il Green Deal con Farm to Fork offrirà maggiore spinta all’uso delle bioprotezioni. Uso che negli ultimi anni è aumentato

La cimice asiatica nel 2020 ha rallentato la presa sulle piante da frutto, ma c’è da tenere alta la guardia con la prevenzione, la ricerca e delle vere e proprie strategie di annientamento dell’insetto. Per preservare i campi gli imprenditori stanno facendo sempre più riferimento alle biosolutions diventata una vera e propria filiera industriale che oggi genera un fatturato a livello mondiale da 3,6 miliardi di dollari. Il tema è stato al centro di un forum a Macfrut Digital.

L’incontro dal titolo  “Quali novità per la lotta alla cimice asiatica? Le filiere incontrano il mondo delle biosolutions” ha visto un intenso scambio di esperienze tra ricercatori internazionali, coltivatori, tecnici e imprenditori dell’industria di bioprodotti moderati da Davide Bernabè di Agri 2000.

Le esperienze locali: il modenese Mauro Gavioli da autodidatta a partner dei ricercatori

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L’imprenditore modenese Mauro Gavioli

Interessante la storia di Mauro Gavioli: uno dei primi imprenditori agricoli a scommettere sulla coltura del pero in biologico. Più di vent’anni di lotta integrata, quindi un’esperienza precedente all’esplosione della cimice. Consigli ai colleghi? “Non è facile debellarla, serve la prevenzione. In 22 anni io ho investito in ricerca, prima da autodidatta ma da due anni collaboro con un team di ricercatori”. Una svolta per l’agricoltore: “Si scambiano le esperienze e il laboratorio ti fa anticipare i tempi grazie ai mezzi tecnologici”. Gavioli raccomanda precauzione: ”Uso le biosolutions da tempo, ma la cimice non è il problema ma uno dei problemi”. Anche se il suo impatto è importante: “Ho avuto anche danno del 70% ma questo non ha tolto la voglia di reagire e abbiamo reagito. Siamo stati sconfitti, ma quest’anno abbiamo contenuto il danno al 5% anche se la popolazione svernante è diminuita e questo ci ha aiutato”.

Fabio Zannoni di Cab Massari: “Usare tanti piccoli accorgimenti, quest’anno contenuti i danni al 5%”

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Il tecnico agronomico Fabio Zannoni

Un’altra esperienza ventennale in biologico molto interessante è stata quella riportata da Fabio Zannoni, il tecnico agronomico che lavora a Cab Massari e si occupa di lotta alla cimice con biosolutions. “In vent’anni abbiamo pagato la scelta biologica, paghi l’inesperienza ed essere autodidatta. Per questo è importante lo scambio culturale con altre aziende”. C’è da  capire quali azioni  possono dare una svolta nella lotta alla cimice: “Noi abbiamo l’80% pere coperte da reti monofila e hanno un enorme efficacia, ma è necessario usare tanti piccoli accorgimenti per renderle più efficienti: capire quando chiuderle e controllare i cappucci di plastica dove si possono annidare le cimici”. Anche Zannoni conferma che quest’anno si è misurata una pressione minore: “Forse merito della forte gelata  che ha contribuito a dimezzare la popolazione, poi noi abbiamo 300 ettari di siepi e boschetti, ed altre colture che permettono di  disperdere l’attenzione della cimice e ridurre le conseguenze negative”.

Negli Usa si combatte dal 2010 con una grande collaborazione pubblico-privato

Kim Hoelmer, research leader Usda-Ars del Delaware, ha presentato la storia dell’invasione della cimice negli Stati Uniti: “Da quando è arrivata da noi ha preso il via un intervento di biocontrollo con finanziamenti statali e anche di gruppi di agricoltori privati. Un contributo è arrivato anche dalle tesi di studenti”. La mobilitazione di più forze e soprattutto l’introduzione della vespa samurai: “L’antagonista naturale presente in sempre più Stati. E’ necessario combinare la lotta biologica con altri approcci”. Sempre dagli Stati Uniti è arrivato il contributo di Tracy Leskey, direttore e research leader presso Usda Appalachian Fruit Research Station in West Virginia, che da anni lavora sulle strategie di monitoraggio e di controllo integrato, ad esempio l’attract & kill, della cimice. La ricercatrice ha tranquillizzato: “Nel 2010 abbiamo assistito all’esplosione demografica dell’insetto che ha provocato oltre il 50% di perdita nella raccolta delle pesche e 37 milioni di dollari di danno per i coltivatori di mele. Un problema pure a livello paesaggistico”. Una situazione drammatica, ma negli anni si sono provate tutte le strategie possibili e oggi: “La situazione non è più quella del 2010, ma non dobbiamo abbassare la guardia, ci sono ancora popolazioni dannose. E’ necessario integrare le diverse strategie per esempio le reti trattate con l’insetticida con l’attract & kill”.

In Italia? In corso il più grande progetto al mondo di lotta biologica alla cimice asiatica

Bene le esperienze dagli Stati Uniti, ma qui in Italia è in corso il più grande progetto di lotta biologica alla cimice asiatica a livello mondiale con la vespa samurai. Luca Casoli, direttore del Consorzio fitosanitario di Modena,  ha presentato il progetto che ha affrontato un iter difficile per l’iniziale divieto di introduzione di specie esotica. “Le attività sono iniziate nel 2019 con individuazione di strutture per l’allevamento, poi arrivata l’autorizzazione, si è proceduto alla moltiplicazione e alla individuazione di 300 punti di rilascio in Emilia Romagna, una delle zone più colpite dalla cimice, selezionate in contesti con ridotto uso di insetticidi e in questi giorni sono state ultimate le verifiche in campo. Nelle prossime settimane dovremo iniziare a leggere i risultati, ma non è semplice avere una valutazione complessiva del progetto”. Questo perché si alternano annate di flessione ad altre di pesante presenza della cimice. Molto interessante l’intervento dell’entomologa Elisa Marchetti di Agri2000 che ha riportato le esperienze di laboratorio condotte sulle uova e sui giovani di cimice con prodotti come polvere di roccia o a base di funghi, e relativi test per verificare la percentuale di mortalità. Molto alta, ma poi bisogna verificare l’efficacia in campo.

Bioprotezione, una filiera industriale che vale  3,6 miliardi di dollari

biosolutionsVittorio Veronelli, vicepresidente Ibma Italia che raggruppa 26 imprese su 256 nel mondo – ha dato i numeri dell’industria della bioprotezione. In particolare i 3,6 miliardi di dollari di fatturato: “Vuol dire che questi prodotti funzionano”. C’è una crescita del loro utilizzo: “Il Green Deal con Farm to Fork con la richiesta di una agricoltura sempre più rispettosa dell’ambiente e una alimentazione sostenibile offrirà maggiore spinta alle bioprotezioni, il cui utilizzo negli ultimi anni è sicuramente aumentato. Purtroppo soffriamo di tempi lunghi per gli iter burocratici, mentre la ricerca offre soluzioni sempre più rapide”.

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