Saranno la Puglia e la Sicilia le due sedi che ospiteranno l’8° edizione dell’International Table Grape Symposium. Una scelta, ovviamente, non casuale, poiché queste sono anche le due regioni principali per la produzione di un frutto che vede l’Italia protagonista assoluto a livello mondiale, terzo dopo Cina e Turchia con i sui 10 milioni di quintali di produzione annua.
“Il prestigioso evento, di rilevanza scientifica e tecnica è propedeutico per la nostra economia nazionale e pugliese, vista la perdita di quote di mercato a favore di Paesi emergenti dove i costi di produzione sono molto inferiori ai nostri” commenta Giacomo Suglia, presidente di Apeo (Associazione Produttori Esportatori Ortofrutticoli) al quale è stato affidato il compito di coordinare in Puglia l’evento.
A Foggia, infatti, si volgerà la prima parte del Simposio (dall’1 al 4 ottobre), con una serie di sessioni scientifiche presso l’Università degli Studi della città, mentre la tavola rotonda dal titolo “Uva da Tavola e Prodotti Freschi alla Sfida dell’Internazionalizzazione”, dedicata a tematiche più legate al mercato e alla logistica, si terrà giovedì 5 ottobre a Bari. Il Simposio si sposterà poi in Sicilia, il 6 e 7 ottobre.
Suglia, nel presentare l’evento, sottolinea l’importanza che riveste per l’Italia poter ospitare un Simposio di grande livello scientifico come questo, nonché per la sua regione, la Puglia, che con i suoi 7 milioni di quintali è l’areale di produzione più importante “con un calendario di produzione che inizia da luglio e termina a dicembre – evidenzia il presidente di Apeo -. Oltre alle uve tradizionali come Black Magic, Victoria, Italia, Palieri, Red Globe, nell’ultimo ventennio si sta sviluppando la produzione di uva apirene, particolarmente richieste dai consumatori”.
Non mancano i problemi nel settore, che Suglia certo non dimentica, a partire dalla concorrenza dei paesi che hanno costi di produzione inferiori a quelli italiani. “Le importazioni di uva da tavola in Italia ammontano a 25.000 tonnellate (circa il 3,0% dei consumi interni); di queste, una percentuale consistente proviene dall’Europa (50%) e dall’America centro meridionale (circa il 30%) in particolare dai suoi due principali paesi produttori Cile e Perù. La restante parte proviene da Africa (14,5%) ed Asia (5.5%). Altro problema è quello dei costi di produzione (acqua, corrente elettrica, manodopera), aumentati vertiginosamente negli ultimi anni, e delle maggiori lavorazioni a causa delle avverse condizioni climatiche”.
C’è poi l’aspetto relativo alla competitività dal punto di vista varietale, un fattore che ha, secondo Suglia, penalizzato la produzione italiana, contraddistinta da una scelta “scarsa” nel ventennio 19080-2000. “Per troppo tempo la coltivazione della varietà Italia ha interessato oltre l’80% della superficie nazionale e la diffusione delle varietà apirene è stata di scarsa entità. Anche in Puglia solo alla fine degli anni ‘90 si è avuto un deciso impulso verso la produzione di uve apirene anche se ricerca e sperimentazione non hanno goduto di alcun tipo di sostegno neanche da parte delle istituzioni. Adesso si muovono i primi timidi passi per arrivare alla collaborazione pubblico-privato per la sperimentazione in campo (quello degli imprenditori agricoli) di alcune varietà apirene messe a punto negli anni scorsi. Speriamo sia l’inizio di una stringente collaborazione per dare una svolta alla viticoltura da tavola in provincia di Bari, in Puglia e di riflesso in Italia, con un duplice auspicio: soddisfare le esigenze produttive e commerciali delle imprese agricole e insieme le mutate richieste ed i gusti dei consumatori”. Appuntamento in Puglia e Sicilia, quindi, per vedere dal vivo i progressi compiuti dalla viticoltura italiana