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Mele: residuo zero si può. L’esempio della Francia

All’Interpoma Congress si è parlato anche di cimice asiatica. L’entomologa Tavella: “La lotta non è vinta, tenere la guardia alta”

Il secondo e ultimo giorno dell’Interpoma Congress era incentrato sulla sostenibilità dei meleti, sui prodotti a residuo zero e, anche, sulla cimice asiatica.

“Il ciclo di vita delle mele comporta emissioni di anidride carbonica a ogni step, dal campo, fino alla distribuzione – ha esordito Massimo Tagliavini dell’Università di Bolzano – Per ridurle si può partire da quanto si è detto ieri, dalla biodiversità. Ma impiegare lungo i frutteti piante in grado di assorbire il carbonio è solo il primo passo: si deve intervenire sulle varietà, scegliendo quelle più resistenti ai patogeni, in modo da ridurre i passaggi delle macchine in campo, e si deve agire sullo stoccaggio e sul trasporto: è vero che quello su gomma inquina, ma i trasporti intercontinentali sono molto più dannosi. Il tema è complesso, merita attenzione da parte di tutta la filiera”.

Residuo zero: l’esempio della Francia

Alain Vialaret ha portato l’esempio del gruppo francese Blue Whale, che ha creato il marchio residuo zero. Il che non significa che non si utilizza la chimica in campo, ma che i residui non restano nel prodotto raccolto: “Un logo che parla da solo – ha esordito Vialaret – I consumatori lo comprendono ed è scientificamente valido, perché possiamo portare precise evidenze”. Non per questo, come ha ammesso lo stesso Vialaret, scevro dalle critiche: “Per evitare contestazioni abbiamo introdotto nel disciplinare controlli a tutti i livelli da parte di un ente terzo – ha spiegato – Dal campo allo stoccaggio, ogni fase è oggetto di meticolose verifiche“.

Il progetto coinvolge dici produttori che il relatore ha definito “tecnologicamente avanti”; il primo anno sono state prodotte 2mila tonnellate di mele, di cui il 50% declassato per presenza di residuo: “Abbiamo imparato a essere molto rigorosi: gli agricoltori, pur credendo nel progetto, non sempre riescono a rispettare il disciplinare”.

Vialaret ha tenuto a precisare la differenza tra consumatore di prodotto biologico e prodotto a residuo zero: “Il primo è interessato alle tecniche produttive, il secondo desidera solo acquistare prodotti che ritene non possano nuocere alla salute“.

Sono tre, secondo Vialaret, i limiti alla diffusione dei prodotti a residuo zero. Il primo: non tutte le varietà si prestano. In generale rispondono meglio quelle resistenti alla ticchiolatura come Ariane, che sta dando buoni risultati. Il secondo riguarda i produttori: “Devono cambiare mentalità”, ha riferito. Infine il mercato: le mele, in Francia, si acquistano sfuse, mentre il prodotto a residuo zero, per via della comunicazione, richiede una confezione: “Risolvendo questi tre aspetti – ha concluso – possiamo immaginare che tra cinque o sei anni, le mele a residuo zero avranno una quota di mercato del 7-8 per cento“.

Cimice asiatica, l’autostoppista che si può fermare

Lucia Tavella, entomologa dell’Università degli studi di Torino, ha fatto il punto sull’andamento delle ricerche nella lotta contro la cimice asiatica: “Si tratta di una specie cosiddetta autostoppista, perché si muove e si diffonde con gli scambi commerciali, viaggia e si propaga con qualsiasi mezzo – ha spiegato la professoressa – Sul melo arriva a fine stagione, prima preferisce drupacee e altre specie: su alcune varietà non lascia scampo, Granny Smith è la sua preferita”.

Il controllo della cimice asiatica è complicato da alcune caratteristiche intrinseche del patogeno: “Ogni femmina depone 250 uova – ha precisato Tavella – Inoltre gli adulti sono molto mobili, un volo può arrivare a cento chilometri in un giorno“.

A peggiorare le cose, il complesso quadro normativo: “I piretroidi sono gli unici a dare risultati positivi – ha chiarito Tavella – ma dal punto di vista legislativo non sono compatibili con la lotta integrata, tanto meno con il residuo zero. Quanto alla lotta biologica, i progetti di ricerca ci sono e vanno avanti, ma i tempi sono lunghi”.

Nel frattempo che le sperimentazioni diano il loro esito, è bene tenere sotto controllo le infestazioni, aiutandosi con i feromoni di aggregazione: “Le trappole – ha precisato – non devono mai essere poste al centro del meleto, ma sui bordi. E sempre sui bordi devono essere concentrati i trattamenti“.

Quanto al grado basso di infezione registrato nel 2020, l’entomologa ha concluso: “Il merito non è solo dei lanci di Vespa samurai, un ruolo essenziale lo ha giocato l’andamento climatico. La lotta contro cimice asiatica non è vinta, la guardia deve restare alta“.

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