Nel nostro giro nei punti vendita di 10 insegne della grande distribuzione tra Milano e provincia (vedi qui) nei giorni successivi l’entrata in vigore della legge che obbliga i supermercati a mettere in vendita nei reparti ortofrutta gli ormai famigerati sacchetti biodegradabili e compostabili, l’avevamo notato anche noi: solo Esselunga comunica alla propria clientela che le etichette con il prezzo della merce da attaccare classicamente ai sacchetti dopo aver pesato la merce sono anch’esse compostabili.
Questo perché, di fatto, quelle di tutte le altre insegne, invece, non lo sono, rendendo di fatto poi vano il riutilizzo dei sacchetti per la raccolta dell’umido una volta giunti casa. Problema che non si pone solo per chi fa pesare i sacchetti di ortofrutta direttamente alle cassiere una volta giunti in cassa, procedura che ad esempio viene svolta da insegne come Eurospin o Lidl.
Un ulteriore fattore che, in effetti, rafforza l’opinione di chi, e sono molti, considera la norma in questione giusta ma realizzata in modo sicuramente discutibile, se non proprio pasticciato: per chi proprio non si vuole rassegnare a non riutilizzare più i sacchetti dell’ortofrutta non resta che ingegnarsi in altro modo, come ad esempio attaccando le etichette sui manici oppure su un foglio di carta.
Insomma, non proprio agevoli e comode come operazioni. Della vicenda se ne è occupata anche La Repubblica in un articolo nel quale ha indagato meglio questo aspetto, interpellando le aziende che in effetti producono etichette compostabili. A parte Esselunga, che ha già risolto il problema, il resto delle insegne della Gdo che hanno risposto al quotidiano hanno affermato di star cercando di capire come porre rimedio.
Per leggere l’articolo clicca qui