Vincere sul prezzo ai tempi della crisi, si può? Lo chiede, in modo provocatorio, Lucia Pellegrini, project manager di Bestack, dalle pagine della newsletter settimanale del Consorzio. Per rispondere, Pellegrini approccia la questione da un altro punto di vista, parlando di studi concreti e teoria economica.
L’ortofrutta è un settore in cui la sensibilità al prezzo è elevata?
La sensibilità al prezzo è un concetto strettamente connesso all’elasticità della domanda rispetto al prezzo; in altre parole, a quanto aumentano o diminuiscono le vendite al variare del prezzo. Una elevata sensibilità al prezzo significa che i clienti non acquistano un prodotto o un servizio se considerano i prezzi non congrui; al contrario, in caso di bassa sensibilità, la targhetta del prezzo non darà loro particolare fastidio, fino ad acquistare la merce senza neppure controllarla.
Di conseguenza, la domanda dovrebbe diminuire con l’aumento dei prezzi, perché un numero inferiore di clienti sarà disposto a pagare un prezzo più alto. Molte situazioni della vita reale, però, dimostrano che il prezzo può essere anelastico. In effetti, in alcuni casi la domanda non diminuisce nella stessa proporzione dell’aumento di prezzo. Pensiamo all’energia o ai carburanti: nonostante ci siano stati aumenti di prezzo a doppia o tripla cifra, i consumi non sono diminuiti in maniera proporzionale perché sono spese che non si possono azzerare e non esistono beni succedanei.
Ma ci sono elementi che influenzano l’elasticità del prezzo?
La risposta è sì, e il contesto è uno dei principali. Mentre il cliente fa la spesa, ad esempio, l’ambiente circostante innesca l’invio di segnali che vengono inconsciamente captati dal suo cervello. Per questo motivo ogni retail cura il reparto e lo store. Ma nel contesto rientra anche il posizionamento del marchio: incalzanti messaggi di comunicazione che ripetono ai tuoi clienti che sei il più economico, cambieranno la loro percezione (si veda comunicazione di Eurospin).
Un altro fattore è dato dalla percezione di unicità: un prodotto considerato differente, unico, per le sue particolari caratteristiche difficilmente sarà sostituito con qualcos’altro. In questo caso abbassare i prezzi degli articoli di marca, che sono percepiti come speciali, esclusivi o di qualità, potrebbe generare un senso di avversione, fino a compromettere l’idea che gli utenti hanno della stessa marca. Per questo tipo di prodotti gli esperti suggeriscono strategie basate sui coupon sconto, che creano un effetto di opportunità unica e senza danneggiare l’immagine del prodotto. Così facendo si tende a generare una sensibilità al prezzo positiva.
Correlato all’unicità del prodotto è anche il prezzo di riferimento, se infatti i prodotti possono essere facilmente confrontati con prodotti simili, la sensibilità aumenta.
Un ultimo importante fattore, esogeno in questo caso, è il reddito disponibile, che aumenta l’elasticità della domanda rispetto al prezzo.
Cosa fanno le aziende in periodi di inflazione per diminuire l’elasticità al prezzo?
Un fenomeno che sta tornando è quello della shrinkflation, una tattica di marketing utilizzata in periodi di alta inflazione per preservare i margini aziendali. In modo sintetico, questa si riferisce a due fenomeni: intanto, il mantenimento del prezzo di vendita di un prodotto diminuendone la quantità. Ciò porta logicamente a un aumento del prezzo per quantità (prezzo/chilo, prezzo/litro). In secondo luogo, un cambiamento nella ricetta per ridurre i costi di produzione.
Perché tanti marchi stanno adottando la shrinkflation? Semplicemente perché permette ai brand di mantenere il cliente. Niente, infatti, è più difficile che fidelizzare un cliente e niente è più facile che spezzare quella lealtà.
Sette acquisti fanno la regola
In genere si stima che siano necessari sette acquisti per l’attivazione del ciclo di acquisto ricorrente. In altre parole, è solo dopo sette acquisti dello stesso prodotto che la decisione di acquisto verrà memorizzata nel cervello sotto forma di automatismo. La decisione di acquisto diventa inconscia perché il consumatore non soppesa più i pro e i contro.
Ne sono la prova le confezioni di Philadelphia Light (passate da 200 a 190 grammi), di Krumiri Bistefani (da 300 a 290 grammi), di detersivo per i piatti Nielsen (da 1 litro a 0,9), Barilla Al bronzo (400 g prezzati come i classici 500), le Pringles (da 200 g a 185). Anche nel reparto ortofrutta sempre più spesso si trovano formati non standard con grammature inferiori ai prezzi precedenti.
Dunque, per Lucia Pellegrini lavorare sulla leva del prezzo percepito si può, tenendo a mente le logiche del mercato e gli obiettivi di posizionamento del nostro brand.
In collaborazione con Bestack