La tecnologia è fondamentale per creare maggiore qualità nel pomodoro, senza dimenticare l’importanza del fattore umano, ma – come ci racconta la geopolitica degli ultimi mesi – può anche entrare in crisi. La serra altamente tecnologica offre i suoi frutti eccellenti, ma costa e se, come è successo nell’ultimo anno, l’energia, ma pure altri fattori della produzione, schizzano in alto si rischia il tonfo economico.
Una conferma arriva dall’esperienza olandese dove in tanti hanno spento il riscaldamento delle serre, sconveniente produrre con questi costi, oppure c’è chi ha preferito vendere l’energia autoprodotta piuttosto che pomodori. Le preoccupazioni ma pure le strategie di resistenza sono ben presenti in Italia e sono emerse giovedì scorso nel webinar “Pomodoro e tecnologie: binomio vincente” organizzato da myfruit.it e moderato dalla direttrice Raffaella Quadretti con il contributo dei produttori Guido Grasso (Ceo di Dorilli), Mattia Gandini (Orticoltura Gandini Antonio) e Enzo Lapietra (titolare di Lapietra Azienda Agricola).
L’idroponica salva il terreno, fa risparmiare acqua e taglia la chimica
Partiamo dalla tecnologia idroponica adottata dalle aziende dei relatori. Sono tanti i benefici elencati dagli imprenditori. “Io ho iniziato con l’idroponica per risolvere il problema della stanchezza del terreno, risparmiare fertilizzanti, ridurre il consumo di acqua e ci stiamo riuscendo“. Parole di Enzo Lapietra e concetti simili sono sottolineati da Mattia Gandini: “Abbiamo avuto un risparmio del 90% nel consumo di acqua, non c’è impoverimento di suolo, zero erbicidi e siamo quasi a zero con i trattamenti chimici. Quest’ultimo elemento per noi è il futuro”. E’ anche uno degli obiettivi della strategia del Farm to Fork.
Nichel free a gran richiesta
Un altro elemento di valore della coltivazione fuori suolo è ottenere un pomodoro nichel free: “C’è una forte richiesta soprattutto da donne intolleranti, ma anche allergiche che hanno risolto il problema: ora mangiano il pomodoro. Una parte dei consumatori vede di buon occhio l’idroponica. E’ ora di comunicare e raccontare questi benefici che sono veri e che ogni giorno facciamo – sottolinea Mattia Gandini – Da parte nostra applichiamo il bollino a residuo zero“. Bene la tecnologia, benissimo comunicare i suoi risultati.
La tecnologia della luce e le sue ombre
Guido Grasso parla della sua azienda come un “polo di trasferimento di tecnologia sul territorio“. Alla Dorilli sono stati pionieri e precursori, nati come società di servizi poi diventati produttori, visto che sono stati i primi a portare in Sicilia, più precisamente ad Acate, “serre alte quattro metri da Israele. Riusciamo a produrre 10/11 mesi, usiamo serre di tipologia mediterranea tra i 35/50 metri di ampiezza”. Bene ma c’è forte attenzione anche al fattore umano e la tecnologia può produrre effetti negativi. Grasso fa l’esempio della tecnologia della luce. “Il suo avvento ha ridotto il nostro export anche perché si è diffusa la richiesta di prodotto locale da parte di tedeschi, austriaci e anche degli svizzeri che noi serviamo ancora”. Con la tecnologia ognuno ha cercato di produrre in casa. “Ma con l’aumento del prezzo dell’energia non è più conveniente come prima, per questo assistiamo al ritorno di supermercati esteri alla ricerca di prodotto siciliano”.
Un passo indietro tecnologico causato dai rincari. “C’è un forte calo olandese nella produzione con le luci, loro si erano costruiti un modello. Vendono anche l’energia: il 14% di quella nazionale è prodotta dalle serre”. Una rivincita della luce naturale, almeno per chi ne può godere per tanti mesi l’anno. “Lavorare con l’export è una grande scuola perché la domanda qualitativa è più rigorosa, significa giocare in serie A, in Coppa dei Campioni”. E si apprende anche dal lato tecnologico.
Gli effetti perversi del pomodoro tecnologico
Enzo Lapietra ha investito nelle serre super tecnologiche: “Così riesco a garantire un prodotto eccellente sempre, se c’è caldo rinfresco e se serve luce illumino. Si diventa campioni perché il buon risultato è continuo”. Si eliminano o si riducono le incertezze del clima, ma non quelle geopolitiche e finanziarie che ormai dettano le sorti del mondo. “La tecnologia in serra aiuta. ma serve tanta energia”. Che costa: “per questo bisogna autoprodurla, bisogna staccare la spina della dipendenza dal dittatore di turno”.
Investire in tecnologia, ma con energia pulita e autoprodotta
In concreto, investiamo in rinnovabili: “Già ne producevo, ma in questi giorni stiamo montando altri pannelli e punto, entro il prossimo anno, a coprire il 70% del fabbisogno energetico aziendale“. Ma oltre la tecnologia meccanica, informatica, chimica c’è la scienza relazionale che per Enzo si traduce nel valorizzare il mercato locale: “Sono fortunato a vendere nella mia regione, il 10% del mio fatturato è fatto a Monopoli (Bari) perché le persone conoscono la qualità del prodotto e sanno che rispetto il suolo, l’acqua e i lavoratori e per questo sono disposti a pagare il giusto prezzo”. C’è anche la tecnologia sociale da imparare e sapere applicare.