L’aumento degli eventi climatici estremi con effetti diretti sui campi, i danni da insetti alieni come la cimice asiatica, la frammentazione della filiera e una catena del valore ancora non equa per gli agricoltori. L’ortofrutta italiana porta già sulle spalle il peso di problematiche non risolte, ma ora le conseguenze della guerra in Ucraina rischiano di mettere definitivamente ko il settore.
I rincari energetici, così come quelli di fertilizzanti, trasporti e imballaggi, hanno più che raddoppiato i costi correnti per la produzione di frutta e verdura, con incrementi tra il 65% e il 70% in particolare per l’orticoltura, e perdite di reddito che raggiungono anche l’80% nelle aziende specializzate, solo in parte compensate dal rialzo dei prezzi al consumo. Ecco perché adesso occorre intervenire con misure di sostegno specifiche per il comparto ed evitare di far andare in pezzi un patrimonio nazionale da 15 miliardi di euro di fatturato all’anno, che coinvolge oltre 300 mila imprese per 1,2 milioni di ettari coltivati.
Questo il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani alla vigilia di Macfrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta in programma al Rimini Expo Centre dal 4 al 6 maggio, dove l’organizzazione è protagonista con tanti eventi e uno spazio dedicato al Padiglione D5 Stand 37.
Il quadro è molto preoccupante. Sul versante del commercio, negli ultimi dieci anni, l’ortofrutta europea è stata più volte vittima delle controversie geopolitiche – ricorda Cia – diventando oggetto di sanzioni. Destinazioni importanti dell’export sono state una a una sospese: la Russia nel 2014, l’Algeria nel 2016, la Bielorussia a gennaio 2022. E se il conflitto in Ucraina non ha avuto immediati effetti shock sul comparto, come è successo ad esempio per cereali e mangimi, le ripercussioni indirette sono altrettanto drammatiche, con i rialzi eccezionali di tutti gli input di produzione che, secondo le previsioni, per il settore ortofrutticolo Ue rappresentano un costo aggiuntivo di quasi 10 miliardi di euro l’anno. E quasi 4 miliardi sono solo l’addizionale logistico totale (disponibilità di container, trasporti a lunga distanza, distribuzione locale) per i prodotti freschi. In più, il perdurare della guerra può ridurre i consumi, frenare le esportazioni in Ucraina e reindirizzare quei Paesi terzi che ancora riforniscono il mercato russo verso l’Europa, con il rischio di creare sovrapposizioni commerciali e volumi invenduti di frutta e verdura, che sconta anche il problema della deperibilità.
Tutto ciò in uno scenario, quello italiano, già difficile per l’ortofrutta. C’è l’annoso problema del forte squilibrio di filiera (su 100 euro spesi dal consumatore, al produttore rimangono in tasca solo tra i 6 e gli 8 euro netti) con la necessità di stimolare processi di aggregazione tra gli agricoltori e costruire relazioni più eque e innovative tra tutti i soggetti del sistema ortofrutticolo. A questo, si aggiungono il post pandemia e le conseguenze dei cambiamenti climatici, tra la recrudescenza di fitopatie e avversità e il ripetersi di eventi estremi -continua Cia- Basta ricordare che solo le gelate tardive hanno procurato, nel 2021, oltre 800 milioni di danni alla frutticoltura primaverile ed estiva, mentre quelli causati dalla cimice asiatica sono ammontati a più di 700 milioni di euro.
“Servono interventi immediati per difendere un settore fondamentale della nostra economia, che da solo rappresenta il 25% della produzione agricola italiana – sottolinea il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino – Per far fronte ai contraccolpi della guerra e dei rincari di energia e materie prime, bisogna prevedere innanzitutto misure Ue per i ritiri dal mercato di prodotto ortofrutticolo eccedente da destinare agli indigenti; monitorare i flussi con valutazioni di impatto dedicate; sostenere con incentivi gli investimenti sulle produzioni orticole, particolarmente gravate dall’aumento dei costi, per frenare il rischio di contrazione delle superfici coltivate”.
Quanto alle misure introdotte dal Governo con il Decreto Ucraina, aggiunge Scanavino, occorre “estendere il credito d’imposta per l’acquisto di carburanti ed energia elettrica anche per le colture in serra; aumentare la dotazione del Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle imprese agricole e meglio indirizzare i finanziamenti sull’ortofrutta; incrementare le risorse dedicate alla rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari, così da garantire a una platea maggiore di beneficiari la liquidità necessaria a fronteggiare l’emergenza”.
Inoltre, è sempre più necessario “favorire e incoraggiare la ricerca e l’innovazione, sia tecnologica che genetica, per garantire la sostenibilità e salvaguardare le produzioni ortofrutticole Made in Italy contro i cambiamenti climatici e le malattie, costruendo anche un modello efficace di gestione integrata del rischio con nuovi strumenti di difesa attiva e passiva delle colture, più tempestivi e snelli. Senza la tutela degli agricoltori – conclude il presidente di Cia – non si tutela né l’economia né l’ambiente”.
Fonte: Cia-Agricoltori Italiani