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Osservatorio Immagino: avocado best performer

In un anno +93% anche se la mandorla resta la numero 1 a scaffale. Pubblicata la settima edizione del rapporto curato da Nielsen GS1 Italy. Spopolano i semi

L’anno scorso le vendite di avocado e dei prodotti alimentari che lo contengono sono aumentate del 92,9% rispetto al 2018 (toccando quota 6,5 milioni di euro) e del 143,8% tra il 2016 e il 2019. Tra gli ingredienti cosiddetti benefici, il successo dell’avocado ha trainato l’aggregato dei superfruit (prodotti che indicano in etichetta la presenza di mandorla, mirtillo, cocco, acqua di cocco o, appunto, avocado), rendendolo il più rilevante per giro d’affari: quasi 762 milioni di euro di vendite, con la mandorla che resta la numero uno per presenza a scaffale (1,5% del paniere analizzato).
Tuttavia, la famiglia di ingredienti benefici con la maggior crescita annua (+28,5%) è stata quella dei semi e dei prodotti che li contengono: tra semi di lino, semi di zucca, sesamo, semi di chia e canapa; questo aggregato vale 82,1 milioni di euro. Sono questi i principali trend rilevati dalla settima edizione di Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy e che attestano il frutto esotico ingrediente best performer.

Rilevati 26 ingredienti benefici

Ma partiamo dall’inizio. Il fenomeno degli ingredienti topic nel largo consumo alimentare è stato – e continua a essere – una delle particolarità degli ultimi anni. Confermando, per alcuni prodotti, il ruolo di  driver degli acquisti, venduti in quanto tali o utilizzati come ingredienti, che sono considerati alleati del benessere e della forma fisica. L’Osservatorio Immagino ha seguito questo fenomeno dal giugno 2016, partendo dai 13 ingredienti più diffusi e ampliandone via via la base statistica. In questa edizione è stata rilevata la presenza sulle etichette di 26 ingredienti benefici e ne sono state misurate le vendite realizzate in supermercati e ipermercati durante l’intero 2019.

Ne è emerso un paniere, composto da 5.877 prodotti (ossia l’8,2% del paniere Immagino) che ha superato 1,4 miliardi di euro di sell-out (5,5% del totale food). Rispetto al 2018, il giro d’affari è cresciuto del 2%, trainato da un’offerta molto positiva che ha compensato una domanda in calo. Suddividendo i 26 ingredienti benefici in sei aggregati di prodotto, lo scorso anno il più dinamico è stato quello dei semi: l’insieme composto da semi di lino, semi di zucca, sesamo, semi di chia e canapa ha incrementato le vendite del 28,5%, con una crescita del 17,7% dell’offerta e, quindi, con una componente di domanda altrettanto positiva. Su un giro d’affari di oltre 82,1 milioni di euro, i semi come prodotti valgono 15,2 milioni di euro e sono cresciuti del 2,2% rispetto al 2018.

Tra i sei aggregati di prodotto individuati dall’Osservatorio Immagino, il più importante per giro d’affari è quello dei superfruit: sommando i prodotti che evidenziano in etichetta la presenza di mandorla, mirtillo, cocco, acqua di cocco o avocado, si è arrivati a quasi 762 milioni di euro di vendite, in crescita del 5,3% sul 2018, anche in questo caso per merito dell’ampliamento dell’offerta. Frutta secca senza guscio, cereali per la prima colazione, gelati multipack e yogurt interi e funzionali sono state le principali categorie per giro d’affari. Ad aver contributo maggiormente alla crescita del giro d’affari sono stati i gelati (+23,3%), la frutta secca sgusciata (+9,7%), gli snack dolci (+18,5%) e gli yogurt bicompartimentali (+22,1%).
Performance negativa per due dei superfood emersi negli ultimi anni: il goji ha perso il 18,6% delle vendite, fermandosi a circa 11 milioni di euro, mentre l’alga “spirulina” è arretrata del 7,0%, per un giro d’affari complessivo di 802mila euro.

L’anno dell’avocado

Il 2019 sarà, comunque, ricordato per le performance di due ingredienti benefici, diversi per incidenza sull’offerta e valore delle vendite, ma simili per dinamismo. Il primo è l’avocado, che ha continuato nella sua marcia trionfale, aumentando le vendite del 92,9% in un anno e arrivato a 6,5 milioni di euro. L’altro è il thè matcha, avanzato in un anno del 99,8% e giunto a 2,3 milioni di sell-out.

I prodotti che richiamano l’italianità hanno superato il 25% del totale food

Osservatorio Immagino ha indagato anche i numeri dell’italianità: nel 2019 il paniere dei prodotti presenti sugli scaffali di supermercati e ipermercati che riportavano sull’etichetta un’indicazione riferita alla loro italianità ha superato le 20mila referenze. Un risultato che si accompagna a un altro record: il superamento dei 7,4 miliardi di euro di sell-out, grazie al miglioramento del trend delle vendite su base annua. Se il 2018 si era chiuso con un giro d’affari in crescita dell’1,9%, nei 12 mesi successivi l’aumento è stato del 2,1%. In termini assoluti, i prodotti che richiamavano on pack la loro italianità ha generato il 25,2% dei ricavi del totale alimentare rilevato dall’Osservatorio Immagino, confermandosi come il più significativo e pervasivo tra i fenomeni monitorati.
Che si tratti della bandiera nazionale, dei claim “prodotto in Italia” o “100% italiano”, oppure di una delle indicazioni geografiche europee, il messaggio resta comunque lo stesso: l’orgoglio della matrice tricolore, il rimando a un know-how sedimentato nei secoli, la promessa di un’esperienza organolettica e palatale all’altezza della nostra fama di patria della buona cucina. C’è stato poi un altro fattore, decisivo, che spiega in parte il dinamismo dei prodotti che hanno sottolineato on-pack la loro italianità: è l’entrata in vigore delle nuove norme nazionali che hanno introdotto l’obbligo di indicare sulle etichette di alcuni prodotti il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata. L’indicazione dell’origine in etichetta era già in vigore per alcuni alimenti (carne avicole, suine e bovine, frutta e verdura fresche, uova, miele, olio extravergine di oliva, pesce e prodotti ittici), ma negli ultimi anni è stata estesa ad altri prodotti: latte e prodotti lattiero-caseari, riso, pasta di grano duro e conserve di pomodoro.

Le recenti novità in ambito normativo hanno, ovviamente, avuto ripercussioni sul mercato di largo consumo, con effetti che si sono protratti nel tempo. Nel 2019, in particolare, l’Osservatorio Immagino ha registrato un lieve aumento della numerica dei prodotti (+0,4%), che ormai sono arrivati a rappresentare il 25,4% di tutto il perimetro food monitorato. Invece la domanda si è mantenuta in linea con l’anno precedente. Lo spaccato delle differenti modalità con cui le aziende hanno comunicato l’italianità dei prodotti sulle etichette ha evidenziato situazioni e trend diversi. Considerando i prodotti generici (ossia privi di denominazioni d’origine), nel 2019 si sono attutiti tutti i trend: è rallentata l’espansione delle vendite dei prodotti con la bandiera italiana e di quelli con l’indicazione 100% italiano e ha frenato anche il calo del claim prodotto in Italia.

Il più diffuso richiamo all’italianità dei prodotti presente sulle confezioni dei prodotti alimentari è sempre la bandiera tricolore: nel 2019 ha accomunato il 14,8% dei prodotti e l’offerta è aumentata dell’1%. Le vendite di questo paniere sono cresciute dell’1% contro l’1,7% dell’anno precedente. Analizzando la diffusione della bandiera italiana è emersa la crescita sulle etichette di affettati, pasta di semola, sughi e salse surgelate, surgelati vegetali e preparati avicunicoli. In calo, invece, la presenza sulle pizze surgelate, sul latte fresco, sulle verdure di quarta gamma, sui gelati e sui prodotti della pasticceria. Al secondo posto per diffusione e sell-out, c’è il gruppo dei prodotti con il claim 100% italiano in etichetta. Hanno rappresentato il 6,6% dei prodotti alimentari rilevati dall’Osservatorio Immagino e nel 2019 hanno proseguito la crescita già registrata negli anni precedenti ma a minor velocità (+4,1% contro il +6,4% del 2018).
Nel 2019 ha rallentato anche la contrazione delle vendite dei prodotti che presentano la descrizione più generica, ossia prodotto in Italia: il calo del sell-out è stato dell’1,2%, circa la metà rispetto a quanto registrato nei 12 mesi precedenti, e si spiega soprattutto con la diminuzione delle rotazioni dei prodotti.

Le indicazioni geografiche europee in etichetta

L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea: vanta 299 prodotti alimentari tra Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Stg (Specialità tradizionale garantita) e 524 vini e liquori tra Docg (Denominazione di origine controllata e garantita), Doc (denominazione di origine controllata) e Igt (indicazione geografica tipica).
Nel 2019 la famiglia più rilevante in termini di sell-out è rimasta quella dei prodotti Dop: ha generato l’1,2% delle vendite del paniere alimentare dell’Osservatorio Immagino. I prodotti Dop sono stati anche tra i più performanti dell’anno analizzato, con un incremento del 7,1%, decisamente migliorativo rispetto al +0,3% con cui avevano chiuso il 2018.
Questa performance si spiega con l’aumento dell’offerta e con il contestuale incremento della domanda.
Per gli alimenti Igp, che valgono l’1,2% dei prodotti e del sell-out totale del food, il 2019 è stato un anno di crescita molto contenuta (+0,3% nelle vendite) ed è stato caratterizzato da una maggiore offerta, con affettati, pomodori, arance e olio tra le categorie più positive.
La settima edizione dell’Osservatorio Immagino è consultabile e scaricabile cliccando qui.

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