Trend e Mercati

Frutta estiva e sovrapproduzione, perché sorprendersi?

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Perché il mercato della frutta estiva va regolarmente in crisi a cavallo fra il mese di giugno e quello di luglio? Quali sono le principali cause?

Quando all’inizio degli anni ’60 ho iniziato il mio lavoro in questo settore c’erano stagioni ben definite e l’arrivo della frutta estiva era scandito da un preciso calendario commerciale: l’estate iniziava con la stagione delle fragole, seguita poi da quella delle ciliegie, da metà giugno era il turno delle pesche (le nettarine non esistevano ancora), quindi susine, albicocche, meloni, angurie e le pere estive.

La rincorsa all’anticipo delle stagioni

In seguito tutti i produttori italiani si sono dati da fare per anticipare le stagioni al fine di riuscire a ottenere prezzi più alti offrendo al mercato delle vere e proprie primizie. Inventarono, ad esempio, i tunnel per le fragole, introdussero varietà più precoci e più tardive sia per quanto riguarda le ciliegie che le pesche. Questo cambiamento ha riguardato non solo i produttori più tradizionali, ma anche quelli che lavoravano nelle zone più calde del nostro paese seguiti, negli anni ’70, anche dai greci e infine negli anni ’80 dagli spagnoli.
Si è così arrivati, gradualmente, a un eccesso dell’offerta di frutta che a partire dal 2000 non è stata più compensata dall’apertura di nuovi mercati (soprattutto dell’est-europa,) e che ha portato all’attuale sovrapproduzione, ormai da considerarsi praticamente endemica e strutturale.

L’introduzione di nuovi frutti, sempre nel stesso periodo

ConsumiGermania_BerriesMa non ci siamo fermati a questo ambito: sono stati introdotti prodotti che prima non esistevano in quei mesi. Pensiamo all’uva da tavola italiana: se prima la stagione iniziava a metà luglio ad un certo punto la produzione ha cominciato ad iniziare già alla metà di maggio, lo stesso è successo in Spagna, un paese che gode di un largo anticipo climatico (a inizio maggio in Spagna siamo in piena stagione per le pesche e le nettarine, situazione imitata dalle nuove produzioni presenti soprattutto nel sud Italia).
Il risultato? Nelle settimane intorno a giugno c’è un incredibile sovraffollamento di offerta che appesantisce sistematicamente il mercato, anche se il bel tempo, come quest’anno, agevola i consumi.
E non è ancora finita. Ricordiamoci del recente successo della categorie dai berries, con i mirtilli che sono già in piena raccolta sempre a giugno! Non scordiamoci dell’enorme concorrenza esercitata dalla frutta esotica, per esempio dall’ananas, fino a un decennio fa considerata solo un frutto natalizio. E ancora, aggiungiamo le mele della Val di Non o della Val Venosta che ora sono presenti – e sono perfette – fino ad agosto. Infine le pere Abate che arrivano dal Cile o dal Sud Africa per chiudere il gap fra maggio e giugno dove manca la produzione italiana.
In conclusione: l’eccesso di offerta che da anni viene considerata eccezionale è in realtà una situazione ampiamente prevedibile.

Poca innovazione, poca lungimiranza

C’è poi il nodo relativo all’innovazione e alla conseguente internazionalizzazione. Gli imprenditori più avveduti, solitamente lungimiranti, sono in grado di prevedere in anticipo la domanda futura e regolano le loro produzioni secondo le evoluzioni dei mercati. C’è chi è stato bravo ed ha fatto innovazione, ma è evidente che la maggioranza dei produttori ortofrutticoli non è stata invece all’altezza.

Negli anni ’70 due grandi novità sono state introdotte in Italia: il kiwi e le nettarine, e più tardi le mele club. Ma negli anni seguenti è stato fatto poco relativamente ad albicocche, susine, pere e tante altre specie che avrebbero potuto attirare nuova clientela come hanno fatto le albicocche in Francia, le ciliegie e le pesche Saturnine in Spagna e le tante nuove varietà di susine proposte dai vivaisti.

Se osservo la rinascita di produzioni date per perse in paesi simili al nostro, come ad esempio le pere in Belgio e Olanda o le fragole e le mele in Germania, arrivo alla conclusione che difendere l’ortofrutticoltura anche in Italia è possibile, anzi deve essere possibile. Ma per farlo ci vuole maggiore convinzione quando si parla di ricerca, tecnica ed imprenditorialità e l’immagine “Italia” a livello di marketing deve essere sostenuta da tutti all’interno del grande mercato globale nel quale ormai agiamo.

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2 Commenti

  • E’ GIUSTISSIMO CIO’ CHE DITE, PERO’ ANOMALIA DI QUEST’ANNO CHE NONOSTATE TANTISSIMA PRODUZIONE DI ANGURIE, PARLO DEL MIO SETTORE, DAL 28/6/2017, NON C’E STATA PROPRIO RICHIESTA DEL PRODOTTO , TANTO E’ CHE QUASI TUTTI I PRODUTTORI DELL AGROPONTINO HANNO DOVUTE METTERE IN MOTO LE FRESE?

  • A metà degli anni novanta, mi pare per l’annuale convegno peschicolo, Nomisma fece uno studio sulla dinamica dei conferimenti di pesche e nettarine alle principali cooperative emiliano – romagnole dal quale risultava una concentrazione degli arrivi di prodotto a magazzino (mi pare) a cavallo dell’ultima settimana di luglio e della I di agosto. Bisogna vedere se questo picco c’è ancora e magari si è spostato verso luglio. Se così fosse è chiaro che andando avanti con la campagna se il prodotto fatica a venire smaltito adesso, le cose possono soltanto peggiorare.