E’ stata presentata stamattina, a Milano, l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2021 – Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”. “L’Italia torna a essere uno dei paesi in maggiore crescita – ha esordito Albino Russo direttore generale dell’Ufficio studi di Ancc-Coop – A inorgoglire gli italiani, non solo il balzo in avanti del Pil che potrebbe sfiorare il 6%, ma anche il riconoscimento internazionale grazie ai recenti e molteplici successi sportivi e musicali, alla buona gestione della pandemia e soprattutto all’autorevolezza della premiership di Mario Draghi”.
“L’Italia non è più il fanalino di coda – ha aggiunto Marco Pederoni, presidente di Coop Italia – Verso il nostro paese è cambiato il clima estero. Ma non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora 28 milioni di persone che si dichiarano in difficoltà, cinque milioni delle quali con problemi ad acquistare cibo”.
“Occorre andare oltre – ha proseguito Maura Latini, Ad di Coop Italia – E’ necessario attivare il cambiamento. Molto potrà fare il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), ma l’incognita è sempre la stessa: riusciremo a spendere le risorse?”.
Il Rapporto in sintesi
Il Rapporto Coop 2021 è stato redatto dall’Ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori) con la collaborazione di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif, Tetra Pak Italia. L’edizione 2021 si è avvalsa anche di due diverse survey condotte nel mese di agosto. La prima ha coinvolto un campione di 1.500 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-75 anni), la seconda si è rivolta a un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto mille opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto.
I consumi non ripartono
Secondo il Rapporto, in generale oggi gli italiani pensano positivo, il che dipende più dalla rinnovata consapevolezza “delle cose importanti della vita” (45% degli intervistati) che da un concreto cambiamento delle proprie condizioni. Ma, analizzando nel dettaglio, emergono anche ferite legate alla pandemia ancora aperte: oltre a ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari, anche un’oggettiva paura economica. Il che spiega il perché non ci sia una ripresa dei consumi: “L’incremento del Pil è da attribuire perlopiù all’export e agli investimenti“, ha precisato Russo.
L’ambiente si siede a tavola
Discorso diverso per il settore alimentare: il food cresce del 2,5% e, soprattutto, si modificano i comportamenti di acquisto degli italiani, che scelgono i prodotti in base al loro impatto sull’ambiente: “Compaiono i climatariani e il vegetarianesimo fa proseliti anche in chi non è propriamente vegetariano o vegano, ma cerca solo una alternativa proteica alla carne – ha spiegato Russo – La food revolution è già in corso, gli investimenti in cibo e bevande di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi. Cresce l’interesse per le proteine vegetali”.
L’88% del campione associa sostenibilità e cibo. Il che significa che il 33% del campione è attento ai metodi di produzione rispettosi, un altro 33% agli imballaggi, il 21% all’origine e alla filiera e il restante 9% alla responsabilità etica. Un altro driver di scelta, anch’esso potenziato dall’effetto pandemia, è sicuramente la ricerca attraverso il cibo di un maggior benessere: l’83% del campione si dichiara disposto a spendere di più pur di acquistare prodotti con qualità certificata.
Il declino della marca
“Un fenomeno lento e continuo – ha spiegato Russo – è il progressivo declino della marca, reso evidente non solo dalla crescita dei discount, ma anche dalla crisi negli altri canali della distribuzione moderna”. Anche per questo motivo, la Gdo vive un momento di profondo cambiamento: un manager su due della grande distribuzione prevede uno strutturale peggioramento dei risultati economici e pensa di dover reinventare il proprio modello di business minacciato dalla coda lunga della recessione pandemica sui redditi delle famiglie, dall’affermazione dei discount e dall’intensificarsi della tensione competitiva fra le insegne. Al centro delle strategie future, per il 45% del campione occorre riprogettare i punti vendita, perseguendo una integrazione della rete fisica con i nuovi canali virtuali (39%) e lavorando per una riqualificazione del personale (34%). Solo dopo arrivano gli investimenti per potenziare le vendite online.
“Per quanto riguarda Coop – ha concluso Pedroni – sono tre gli ambiti su cui lavoreremo nei prossimi mesi. Proseguiremo con la ristrutturazione, il che significa che non elimineremo gli ipermercati, ma li ripenseremo. E poi potenzieremo il prodotto a marchio e ibrideremo i nostri punti vendita con il digitale”.
La versione integrale del Rapporto Coop 2021 è visionabile e scaricabile su http://www.italiani.coop