E’ appena partita la campagna di raccolta dei limoni e per i produttori si preannuncia già una stagione in perdita. “Una produzione quasi dimezzata – anticipa Enzo Livoti, produttore di verdello della zona di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). “Per non parlare della pezzatura dei prodotti, addirittura più piccola rispetto a un mese fa, che renderà ancora più difficile piazzare il prodotto sui mercati”, aggiunge Salvatore Leotta, agricoltore della zona ionica dell’Acese.
A parlare sono due rappresentanti di Cia Sicilia Orientale, che raccolgono il grido di allarme di un intero comparto stremato da alcuni fattori, ormai diventati cronici, su cui assai poco possono fare i singoli, con strumenti o strategie aziendali, e che al contrario necessitano di una programmazione che coinvolga trasversalmente enti ed istituzioni. A partire dalla questione del cambiamento climatico in atto, che sta trasformando l’agricoltura.
Vento e siccità
“Stiamo piangendo le due sciroccate di maggio scorso – spiega Leotta – e fino ad oggi la continuativa mancanza di piogge stagionali. Siamo già novembre, da mesi non cade una goccia d’acqua nella campagne. Di fatto le piante si nutrono dei loro stessi frutti, una circostanza che ci spiazza, di fronte alla quale siamo assolutamente impotenti. Certo, non possiamo programmare quando e come pioverà, ma potremmo cominciare ad accedere concretamente alle nuove tecnologie che ci offre l’agricoltura di precisione”. Cambiamento climatico che porta con sé non solo lunghi periodi di siccità, ma anche, e altrettanto devastanti, alluvioni, grandinate e bombe d’acqua, per affrontare i quali bisognerebbe intervenire tempestivamente con strumenti adeguati.
“Su questo – dichiara Giuseppe Di Silvestro, componente della giunta della Sicilia Orientale – abbiamo già pronta una proposta al Governo regionale per destinare i fondi del Psr Sicilia alle imprese anche per un adeguamento tecnologico con tecniche e strumentazioni innovative. Scommettere sull’agricoltura 4.0 è diventato prioritario per la stessa sopravvivenza del settore, agrumicolo in particolare”.
“Raccogliere prodotti più piccoli, dall’aspetto meno perfetto rispetto a quelli provenienti da paesi esteri – sostiene Enzo Livoti – porta con sé un secondo fattore di criticità con cui facciamo i conti da tempo, ormai noi restiamo stretti nella morsa di un libero mercato che propone limoni esteriormente tirati a lucido e per di più a basso costo, per via della minore spesa della manodopera“.
“Sono due delle questioni – assicura Giuseppe di Silvestro – che porteremo all’assemblea nazionale Cia che si svolgerà a fine mese”. A livello nazionale le richieste al Governo restano quelle di garantire ai produttori pari opportunità e strumenti per contrastare la libera concorrenza dei Paesi Extra Ue e cioè, da un lato, una reale riduzione del costo del lavoro nei campi, oggi superiore di almeno due terzi, che non ricada naturalmente sui lavoratori, e dall’altro azioni di controllo affinchè lo Stato si assicuri che in Italia entri solo merce che rispetti trattamenti fitosanitari consentiti. E sull’aspetto fitosanitario entra in gioco un terzo fattore di criticità: l’emergenza mal secco. “Una malattia – avverte Livoti – che minaccia centinaia di agrumeti soprattutto della zona ionica con un’espansione preoccupante dovuta, oltre ai costi di prevenzione, anche alla presenza di tanti terreni abbandonati, che ne sono vettori, e alla mancanza di un’adeguata manutenzione”. Di Silvestro aggiunge: “Se possiamo affermare che il campo della ricerca stia rispondendo bene, raccogliendo le preoccupazioni dei produttori e affrontando la questione con gli strumenti propri, non possiamo dire lo stesso delle istituzioni, a cui chiediamo di starci più vicini”.
Fonte: Cia Sicilia orientale