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Scopazzi del melo: colpito l’1,54% delle piante

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Autore Redazione

I tecnici della Fondazione Edmund Mach: “Importanti gli estirpi per eliminare l’inoculo”

Scopazzi del melo sotto la lente, oggi, a Cles, nell’ambito della giornata frutticola organizzata dalla Fondazione Edmund Mach. L’evento, giunto quest’anno alla sua 26esima edizione, è stato seguito da circa 400 frutticoltori e tecnici, in presenza nell’auditorium del polo scolastico e collegati in diretta streaming sul canale youtube.

I risultati del monitoraggio annuale effettuato nei diversi areali della provincia di Trento e le pratiche corrette per il contenimento, il focus sugli insetti vettori, un aggiornamento del Centro Ricerca e Innovazione Fem sul fitoplasma e sullo sviluppo di portinnesti apomittici sono i temi trattati durante l’evento realizzato in collaborazione con Melinda, La Trentina e Apot.

La malattia rappresenta una delle avversità più temibili per il melo, che nel corso degli anni ha visto un’evoluzione sul territorio e attualmente, in alcune zone, l’incidenza della presenza di scopazzi ha raggiunto percentuali preoccupanti. E’ stato anche illustrato il quadro della problematica in Alto Adige. Apot ha evidenziato le azioni promosse dai produttori per il contenimento della malattia. Infine, attraverso la presentazione dell’attività sperimentale di campo condotta negli ultimi anni, sono state descritte le migliori tecniche di produzione delle nuove varietà di melo piantumate sul territorio provinciale.

Il direttore generale Mario Del Grosso Destreri ha spiegato in apertura che l’incontro rappresenta un momento importante, che testimonia la presenza sul territorio e l’attenzione della Fem alle esigenze del mondo agricolo con le sue attività di formazione, di ricerca e trasferimento tecnologico, evidenziando che l’ente, alla vigilia delle celebrazioni del 150° anniversario di fondazione, è impegnato con una cinquantina di progetti di ricerca di interesse locale, nazionale e internazionale ed è stato coinvolto in diverse iniziative del Pnrr a fianco di prestigiosi enti e università. L’incontro, organizzato dal Centro Trasferimento Tecnologico, è stato moderato da Matteo de Concini, referente del settore tecnico frutticolo. Sono intervenuti Mattia Zaffoni, Mario Baldessari, Mirko Moser, Roberto Torresani di FEM, Josef Österreicher del Beratungsring e Loris Marchel di Apot.

Andamento della malattia e contenimento

Nel 2022 la presenza degli scopazzi in provincia di Trento ha subito un aumento preoccupante arrivando ad una percentuale media del 1,54% di piante colpite. Il monitoraggio statistico provinciale ha permesso di controllare circa 760.000 piante per un totale di 210 ettari. Esclusa la zona della Valsugana, in tutti gli altri areali si osserva un elevato aumento della presenza di piante sintomatiche: in alcune zone l’incidenza della malattia ha raggiunto percentuali molto significative, oltre il 2%.
La situazione generale è da considerarsi grave: come già successo nelle Valli del Noce ad inizio anni Duemila e in Valsugana nel periodo 2011-2014, superata la soglia dell’1% di diffusione degli scopazzi è necessario mettere in atto un grosso sforzo di estirpo di tutte le piante colpite, considerando che, per tornare a valori accettabili di presenza della malattia, serve qualche anno. L’importanza di eliminare l’inoculo è testimoniata dalla positiva esperienza vissuta in Valsugana, dove la forte crescita della patologia è stata contenuta dal convinto estirpo delle piante colpite. Il contenimento degli insetti in grado di trasmettere la malattia è una altrettanto fondamentale azione da condurre con attenzione e precisione. In Trentino le psille C. melanoneura e C. picta sono risultate in grado di trasmettere il fitoplasma. La strategia per il loro contenimento viene proposta dal servizio di consulenza della FEM nelle singole zone frutticole. Per limitare questa preoccupante problematica è fondamentale il ruolo del singolo frutticoltore nell’attuare correttamente le pratiche necessarie nei propri appezzamenti.

Focus sugli insetti vettori

Il fitoplasma “Candidatus Phytoplasma mali“, responsabile della malattia è un parassita che richiede una pianta ospite dove insediarsi e insetti vettori che contribuiscano alla sua diffusione. Numerose prove dimostrano il ruolo delle psille nella trasmissione degli scopazzi, rivelando la presenza del fitoplasma in due specie appartenenti al genere Cacopsylla: C. melanoneura (Förster) e C. picta (Förster). Inoltre, è emerso che anche la cicalina Fieberella florii (Stal) in condizioni sperimentali è in grado di trasmettere la malattia, sebbene il suo ruolo nella diffusione risulti limitato per la minore efficacia e per le basse densità di popolazione nei meleti.
L’attenzione dei ricercatori si è indirizzata anche verso altri insetti presenti in meleto, come le principali specie afidiche Dysaphis plantaginea (afide grigio) ed Eriosoma lanigerum (afide lanigero), escludendo con specifiche prove di trasmissione un loro ruolo nella diffusione. Nelle ultime due annate si sono svolte ricerche su Orientus ishidae, una cicalina di recente introduzione in Trentino, della quale è stata dimostrata la capacità di trasmettere la Flavescenza dorata. I primi risultati, ancora da integrare con ulteriori sperimentazioni, fortunatamente sembrano escludere un ruolo di vettore di scopazzi per questo insetto. Parallelamente si stanno conducendo simili prove su altre cicaline monitorate in frutteto.

Evoluzione in provincia di Bolzano

In provincia di Bolzano l’evoluzione della malattia degli scopazzi è monitorata dal Centro di Consulenza per la fruttiviticoltura dell’Alto Adige – Beratungsring. Nel corso degli ultimi anni la diffusione degli scopazzi è stata molto limitata in tutti i 7 distretti produttivi altoatesini. In passato, la malattia ha avuto due momenti di forte recrudescenza, il primo nel 2006 ed il secondo nel 2013, quando negli areali più esposti alla problematica la percentuale di piante colpite era oltre il 3%.

La ricerca 

Le attività di ricerca del Centro Ricerca e Innovazione sono focalizzate sullo studio degli aspetti molecolari della malattia, per comprendere la diversità dell’intensità e della gravità dei sintomi osservabili tra piante diverse e in diverse aree coltivate. Il ruolo delle varianti del fitoplasma sarà importante, sul lungo termine, per lo sviluppo di nuove strategie di difesa che contrastino il patogeno nella pianta. Ad oggi non sono state scoperte piante resistenti all’infezione dei fitoplasmi, tuttavia esistono piante che pur infette non sviluppano la malattia. Un genotipo selvatico di melo, Malus sieboldii, presenta questa caratteristica di resistenza agli scopazzi del melo ma ha scarse caratteristiche agronomiche. Presso FEM da anni è attivo un programma di incroci e di selezione con lo scopo di sviluppare un portainnesto con caratteristiche agronomiche derivanti da M9 e la capacità di resistere ai sintomi degli scopazzi.

Le azioni promosse da Apot per il contenimento

A partire dal 2014, anno in cui si è verificata una recrudescenza della malattia, Apot ha introdotto un’attività di autocontrollo su circa 1.000 appezzamenti di diverse aziende. Nel 2022 sono stati controllati 400 ettari, con l’introduzione di un monitoraggio supplementare di 200 ettari, effettuato a seguito del peggioramento della situazione evidenziato a settembre. Oltre al monitoraggio Apot ha previsto un’azione sanzionatoria nei confronti dei soci che non estirpavano correttamente le piante colpite e segnalate nel monitoraggio. Questa attività ha ottenuto un ottimo risultato: il 99,5% delle aziende ha effettuato l’estirpo di tutte le piante segnalate. La recrudescenza degli scopazzi, evidenziata nell’ultima stagione, ha indotto Apot a programmare un aumento considerevole dell’azione di autocontrollo, prevedendo il monitoraggio di circa 1000 ettari.

Nuove varietà di melo: aggiornamento sulle migliori tecniche di produzione

Nell’ultimo biennio il Centro Trasferimento Tecnologico Fem ha proseguito l’attività di approfondimento tecnico delle varietà recentemente introdotte da Apot sul territorio. Sono stati indagati numerosi aspetti per la gestione delle varietà in pieno campo e nel settore del post raccolta. Gli aspetti agronomici oggetto di sperimentazioni di campo tutt’ora in corso riguardano l’individuazione delle migliori strategie di dirado, la valutazione della sensibilità varietale all’alternanza di produzione e allo sviluppo di frutti pigmei, la caratterizzazione delle esigenze nutrizionali, la massimizzazione della qualità dei frutti e l’adattabilità delle varietà alle forme di allevamento in parete (Guyot).

Fonte: Fondazione Edmund Mach

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