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L’uva senza semi alla conquista dei mercati europei

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Autore Redazione

L’Italia è il primo produttore del Vecchio Continente. Il punto sull’offerta di Apofruit

L’Europa produce circa 1,7 milioni di tonnellate di uva da tavola per il consumo fresco e l’Italia detiene la leadership produttiva. L’economia globalizzata ha tuttavia progressivamente diminuito la concentrazione produttiva europea che appena dieci anni fa superava le due milioni di tonnellate. Sicilia e Puglia, in Europa rappresentano, da sole, quasi un milione di tonnellate di produzione.

L’offerta di Apofruit

Queste zone, favorevoli alla produzione di uva da tavola, grazie alle condizioni pedoclimatiche ottimali, sono il fiore all’occhiello anche per Aop Gruppo Vi.Va, che conta oltre 60mila quintali di uva con e senza semi, e più di 10mila quintali in biologico prodotta dai soci del gruppo Apofruit, in particolare Op Terra di Bari nelle aree del basso Tarantino, senza dimenticare la linea premium di Solarelli, venduta sia sfusa, sia in cestino.

“Per l’uva da tavola senza semi il Gruppo Apofruit ha una posizione di leadership in Italia con una offerta destinata al mercato nazionale e all’esportazione in Europa”, ha affermato Marcello Guidi, responsabile commerciale estero di Apofruit, evidenziamdo una ripresa dell’interesse nei paesi nord europei in questa fase della stagione, dopo un inizio difficile dovuto alla scarsa propensione ai consumi.

“Particolarmente interessante – ha proseguito – la nostra offerta premium Solarelli, con le confezioni mix di due colori di uva. Sia nera e gialla, sia gialla e rossa. Il consumatore privilegia oggi il confezionato e noi proponiamo cestini in rPet , materiale riciclato la cui produzione consente un risparmio del 75% di energia rispetto ad un contenitore in plastica normale non richiedendo l’uso di petrolio e riducendo, al tempo stesso le emissioni di CO2. L’uva mix bicolore Solarelli è molto
interessante, oltre che per la Gdo anche per i mercati all’ingrosso da cui proviene una discreta richiesta”.

Nel segmento del biologico, infine, l’uva senza semi ha una marcia in più; lo ha confermato Paolo Pari di Canova, la società specializzata in biologico del Gruppo Apofruit. “Le uve apirene – ha spiegato Pari – grazie all’innovazione varietale che ha consentito un innalzamento del livello qualitativo e un allungamento del periodo di commercializzazione, hanno progressivamente allargato il proprio spazio di mercato e oggi stanno interessando anche i canali commerciali tradizionalmente più legati alle uve con i semi. Le uve senza semi proprio per il loro aspetto di innovazione sono ormai una referenza importante e qualificante dell’offerta biologica che dopo avere interessato il mercato estero oggi sta conquistando anche il mercato nazionale“.

Un po’ di storia

Nel mondo sono più di diecimila le varietà di uva, differenziate per colore, dimensioni grado zuccherino e utilizzo. Le tipologie di uva da tavola senza semi, oggi in costante crescita pur essendo considerate una recente innovazione, affondano le radici nella storia del secolo scorso.

La prima produzione di uva da tavola senza semi, con le caratteristiche che conosciamo ed apprezziamo oggi si deve a un viticoltore californiano, William Thomson, che a fine 1800 importò dalla Turchia un vitigno caratterizzato dalla produzione di uva senza semi.

È poi dal 1920 che negli Usa prende il via una consistente produzione di questa tipologia di uva che oggi sta letteralmente sostituendo a grandi passi le tipologie con i semi. In botanica, la tipologia di acino ottenuto dalle attuali senza semi si chiama stenospermocarpia ed è una caratteristica botanica di alcune varietà i cui semi, pur presenti, non si sviluppano rimanendo
semplici abbozzi nell’acino. Oggi, dopo l’intuizione geniale di William Thomson sono numerosissime le varietà apirene e, anche in Italia stanno sviluppandosi molto velocemente.

Fonte: Apofruit

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