Chiusa la campagna del pomodoro con valori produttivi record, Confagricoltura Emilia Romagna traccia la linea da seguire per il prossimo anno.
L’Emilia Romagna è la regione leader in Italia per superficie coltivata, all’incirca 27mila ettari così suddivisi tra le province: Piacenza 10.600, Ferrara 6.700, Parma 4.500, Ravenna 2.500, Reggio Emilia 1.100, Modena 960, Bologna 370, Forlì-Cesena 70 e Rimini 40 ; è al primo posto anche per export di derivati dell’oro rosso (passata, polpa e salsa di pomodoro in primis). Il Belpaese si conferma al vertice della classifica dei produttori ed esportatori mondiali di trasformati: va sui mercati esteri il 60% delle conserve “made in Italy”. Cruciale è l’impatto dell’intero comparto e del suo indotto sul Pil e sulla creazione di posti di lavoro.
“Ci sono però segnali preoccupanti che ci costringono a serrare le fila, a lavorare uniti fin da ora per la campagna 2022. Punto primo: i costi di produzione sono lievitati con rincari del 30%, e anche di più, ed è solo l’inizio di una corsa dei prezzi che si profila inarrestabile per voci di spesa di primaria importanza: energia elettrica, gasolio, mezzi tecnici e sementi. Si tratta di un incremento di circa 1 euro al quintale nella campagna appena conclusa – riassume il presidente dei produttori di pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna, Giovanni Lambertini, a margine della sezione di prodotto riunitasi alla presenza dei consiglieri di Confagricoltura che siedono nel Cda delle principali Organizzazioni di produttori e dell’Interprofessione Oi Nord Italia – Perciò dobbiamo fare fronte comune, produttori e industriali, per concordare insieme una strategia da far valere sui mercati in relazione alla vendita nella Gdo. L’aumento dei costi inciderà sui bilanci aziendali di quest’anno e ancora di più su quelli del 2022, quindi se ne dovrà tenere conto”.
Lambertini sottolinea l’aspetto più rilevante: “Abbiamo lavorato intensamente tutta l’estate, per concludere la più lunga campagna di raccolta della storia (75 giorni circa). Risultato: ottima la resa produttiva (in media 80 tonnellate a ettaro), così pure la qualità (4,9 di grado brix con un eccellente risultato in colore); più che soddisfacente anche la performance quanti-qualitativa del biologico che rappresenta il 10% della produzione totale. Nemmeno la grave siccità ha piegato il raccolto, perché abbiamo irrigato tanto e bene con le migliori tecniche a disposizione. Il pomodoro consegnato, sano e integro, ha determinato una resa in fase di trasformazione superiore ad ogni aspettativa (+ 10% rispetto all’anno scorso), soddisfacendo così le esigenze dell’industria”.
In sintesi, la filiera ha saputo gestire al meglio tutte le fasi della campagna.
“Ma c’è un secondo punto sul quale non possiamo soprassedere nella trattativa per l’accordo quadro 2022 d’area Nord Italia, tra la parte agricola e quella industriale. Non tutto il pomodoro in campo, infatti, è stato raccolto perché eccessivo rispetto al potenziale di trasformazione del bacino. Pertanto dobbiamo insieme definire meglio le superfici da investire, valutando una eventuale riduzione”.
Fonte: Confagricoltura