Sulla strada tracciata nel 2019, il Consorzio per la tutela del Carciofo Romanesco del Lazio Igp è impegnato in un progetto di rilancio del prodotto. L’Igp è stato riconosciuto nel 2002 ma negli ultimi due anni il Consorzio ha intrapreso con efficacia l’attività di salvaguardia e valorizzazione del marchio.
“Non sono pochi i produttori – precisa Giovanni Ricci, presidente della Cooperativa agricola Agorà di Sezze (Latina), che riunisce tra i soci alcuni tra i principali produttori di carciofi certificati – che assegnano ai loro carciofi terminologie che possono creare confusione nel consumatore, che rischia così di non distinguere con facilità i carciofi a marchio Igp dagli altri. Il Consorzio è fondamentale per creare nuova consapevolezza tra i consumatori”.
Il Consorzio si occupa di identificare e tutelare tutte quelle aziende che producono e commercializzano il ‘vero’ Carciofo Romanesco del Lazio Igp e di smascherare le altre. Compito arduo, perché anche le etichette del prodotto esposto nella Gdo non sempre hanno diciture chiare.
Attività di comunicazione
L’obiettivo è quindi quello di realizzare un’efficace attività di comunicazione, per informare il più possibile il consumatore sui tratti peculiari di questo carciofo, che lo rendono unico e diverso da tutti gli altri.
Primo tra tutti, la provenienza geografica. Il Carciofo Romanesco del Lazio Igp viene coltivato nei territori di una serie di comuni ben identificati: Montalto di Castro, Canino, Tarquinia (provincia di Viterbo); Allumiere, Tolfa, Civitavecchia, Santa Marinella, Campagnano, Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Roma, Lariano (provincia di Roma); Sezze, Priverno, Sermoneta, Pontinia (provincia di Latina). È il microclima di questi territori, unito alla composizione ferrosa dei suoi terreni, a conferire ai carciofi il loro distintivo sapore e la loro tenerezza. Poi, l’aspetto: questo carciofo si riconosce per la forma sferoidale e compatta, la dimensione notevole e il colore che vira dal verde al violetto. Dulcis in fundo: rispetto ad altre varietà, nel Carciofo Romanesco del Lazio Igp lo scarto è minimo, perché anche le brattee più esterne, salvo le prime, si possono mangiare, grazie alla quasi totale assenza delle spine. Il periodo di raccolta va da fine gennaio fino ad aprile inoltrato, anche se quest’anno la campagna è stata penalizzata dalle gelate di metà febbraio, che hanno danneggiato o ritardato il carciofo precoce.
Afferma Giovanni Ricci: “Vogliamo raccontare il prodotto direttamente al consumatore, anche se la pandemia sta rendendo difficile questa azione. Per il 2021 erano stati programmati vari eventi in Gdo, workshop e show cooking, ma purtroppo sono stati annullati. Noi comunque non demordiamo: nell’attesa che la situazione migliori, ci stiamo inventando altre soluzioni, trovando altre strade”.
Il 90% viene dalla Op Agrinsieme
La cooperativa Agorà aderisce all’Op Agrinsieme, Organizzazione di produttori tra le più importanti d’Italia, guidata dalla volontà di valorizzare i prodotti e le vocazioni regionali. L’Op Agrinsieme produce circa il 90% del Carciofo Romanesco del Lazio Igp: solo nel 2020 ha prodotto circa 1,3 milioni carciofi certificati.
“È grazie alla Op Agrinsieme – precisa Giovanni Ricci – che la Cooperativa Agorà ha avuto l’opportunità di arrivare alla Gdo. Oggi i nostri carciofi, raggruppati in mazzi da 3 o 5 unità e circondati da una fascia con logo che ne identifica con chiarezza la certificazione a marchio Igp, sono presenti nei punti vendita delle principali catene della grande distribuzione non solo nel Lazio, ma anche in Abruzzo, Toscana ed Emilia-Romagna”.
Appare chiaro che, affinché gli obiettivi del Consorzio siano raggiunti, l’impegno nella valorizzazione di questo carciofo così speciale sia presente a tutti i livelli della filiera, a partire dalla Gdo che oggi ancora più di ieri, data la crisi attraversata dal canale horeca, ne rappresenta l’anello principale.