Forse in un futuro non troppo lontano dovremo chiamare la Sicilia terra di frutti esotici, visti i cambiamenti climatici in atto, e non più degli agrumi, nonostante questo la domanda di prodotti certificati e ben riconoscibili di un’identità e di un territorio di produzione vengono sempre più richiesti e sembrano rappresentare l’arma vincente per l’agricoltura di qualità.
Nell’inserto L’Economia del Corriere di lunedì 15 luglio si parla di Arancia Rossa di Sicilia Igp con le interviste al presidente del Consorzio Giovanni Selvaggi, e alla vice.presidente Elena Albertini, che sottolineano la crescita dell’export di questo famoso e unico agrume coltivato alle pendici dell’Etna. Circa il 20% va in Svezia, Germania e Francia e iniziano collaborazioni anche con paesi lontani come il Giappone. In totale 19 milioni di euro di fattura.
E presto, quindi, per decretare il de profundis di una coltura secolare e intimamente legata al territorio siciliano, sebbene aumentino sempre di più i terreni dedicati a frutti tropicali come mango e avocado (vedi gli ultimi dati di Coldiretti) e sebbene, comunque, in Sicilia il territorio dedicato agli agrumi negli ultimi anni sia decisamente diminuito come si legge nell’articolo a firma Barbara Millucci: -31% quello dedicato alle arance, -18% i limoni e addirittura -50 i limoni.
Certo bisogna affrontare alcuni problemi che il Consorzio di Tutela dell’Arancia Rossa Igp giudica fondamentali, a partire dal virus tristeza che va debellato grazie ad un piano del governo che incentivi l’estirpazione delle vecchie piante con le nuove. C’è poi il tema della tracciabilità che ora con il progetto Rouge (Red Orange Upgrading Green Economy) consente, sfruttando la tecnologia blockchain, di garantire l’origine di ogni singola retina o cassetta di arance rosse Igp.