È una delle principali regioni dove viene coltivato il kiwi in Italia ed ha investito 1 milione di euro per la sua valorizzazione. È il Veneto, una delle culle nella produzione del cosiddetto “oro verde” in Italia, con il 15% dell’intera superficie nazionale. Nel 2016 qui circa 100 produttori hanno messo in commercio 70 mila tonnellate di kiwi coltivati su 3.700 ettari (3.100 in produzione), di cui 3000 nella sola Provincia di Verona (2.400 in produzione).
E alla prossima edizione di Macfrut, Regione Veneto e Università di Verona, presenteranno in anteprima i risultati di una ricerca portata avanti all’interno del Progetto di innovazione per la difesa della pianta del kiwi e per la valorizzazione dei suoi frutti, approvato dalla Regione del Veneto a fine 2014 e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona.
Qui di seguito alcune anticipazioni di Veronica Bertoldo, responsabile regionale del Progetto e del settore ortofrutticolo veneto, che illustra un’ampia panoramica delle iniziative avviate, di quelle in corso e dei potenziali risultati ottenibili che avranno ricadute positive sul territorio sia nei confronti dei produttori che dei consumatori.
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A due anni dall’avvio degli studi sono arrivati alcuni interessanti risultati dal Gruppo di ricerca in biologia vegetale e metabolomica coordinato dalla Professoressa Flavia Guzzo dell’Università di Verona.
Il kiwi, tra le tante proprietà benefiche, contiene anche sostanze presenti nel cervello umano e necessarie per il suo buon funzionamento, in particolare serotonina, melatonina e triptamina. Il frutto racchiude inoltre altri “co-fattori”, tra i quali antiossidanti e inibitori di specifici enzimi in grado di proteggere le molecole neuro-attive dalla degradazione ossidativa ed enzimatica.
Nel 2015, anno di avvio del Progetto, abbiamo chiarito la composizione del frutto nei minimi dettagli e stiamo scoprendo i meccanismi che lo stesso utilizza per produrre le sostanze di interesse, anche al fine di aumentarne l’accumulo nei frutti”.
Kiwi, gli effetti sull’uomo: un esperimento
“Proprio per analizzare se il consumo di kiwi potesse influire in modo positivo sulla salute del cervello – prosegue Veronica Bertoldo – nel corso del 2016 abbiamo condotto un autorevole esperimento con 214 volontari per comprendere l’attività del frutto nell’uomo che se ne nutre. Lo studio, in corso di pubblicazione, dimostra che il kiwi ha un effetto di aumento delle emozioni attivanti nell’uomo.
È inoltre in corso di svolgimento un esperimento preclinico volto a studiare la biodisponibilità e i meccanismi di azione delle sostanze attive.
Purtroppo, però, l’“oro verde” dal 2010 è sotto scacco perché vittima della PSA che sta compromettendo colture e fatturati, mettendo in ginocchio i nostri produttori.
La lotta alla batteriosi
“Su questo fronte, proprio per dare risposte concrete al territorio nel pieno rispetto ambientale, è fortemente impegnato il Team di ricerca in fitopatologia coordinato dalla Professoressa Annalisa Polverari dell’Università di Verona.
Abbiamo raggiunto alcuni importanti obiettivi, tra cui la ricostruzione della mappa dei geni del batterio con una profonda analisi cercando di capire perché la PSA aggredisca proprio il kiwi, oltre all’individuazione delle specifiche caratteristiche dei ceppi di PSA biovar 3 che hanno causato le violente epidemie degli ultimi anni, ossia la chiave di comunicazione pianta-batterio per poter spiegare tale aggressività. Trattandosi di proteine batteriche che costituiscono un sistema di percezione del batterio, riteniamo che tale complesso possa scatenare la virulenza, come indicano gli esperimenti di espressione genica fino a oggi condotti.
Comprendere tali meccanismi ci permetterà di disegnare inibitori chimici o biologici ad hoc perché il nostro obiettivo è quello di “disarmare” il batterio senza impiegare fitofarmaci battericidi per non causare l’evoluzione di ceppi resistenti.
Mentre lavoriamo sul fronte della comunicazione tra pianta e batterio, abbiamo anche valutato scrupolosamente più di 500 diverse sostanze naturali – derivate da piante o da microorganismi – per la loro capacità di bloccare la crescita batterica o di impedire il contagio, con l’intento applicativo di sperimentare trattamenti fitoiatrici preventivi. Tra queste ce ne sono alcune piuttosto promettenti: due olii naturali che sono stati nanoformulati e valutati su piante in serra e in camera di crescita artificiale. Le preparazioni non sono fitotossiche e i dati preliminari ottenuti in serra -che stiamo ripetendo su piante in pieno campo- indicano un’attività preventiva sulle infezioni fogliari. Le nanoemulsioni, proprio per la loro dimensione, entrano facilmente all’interno della pianta e potrebbero anche riuscire a raggiungere il batterio nei tessuti già infetti.
Un altro importante risultato interessa un estratto di origine vegetale che mostra una buona attività antibatterica e che a breve sarà oggetto di brevetto congiuntamente da parte dell’Università di Verona e della Regione del Veneto.
Infine, a livello comunicativo, virtù alimentari e difesa sanitaria del kiwi vengono costantemente veicolate da una specifica campagna coordinata da Cristina Martini dell’Università di Verona, il cui cuore è rappresentato dal sito www.okkiwi.it rivolto a consumatori e produttori. Le pagine web documentano con un’efficace sintesi narrativa i progressi della ricerca e i risultati, abbinando appositi contenuti e materiali.