Si è svolto questa mattina in diretta streaming da Bologna l’evento “Nuova Pac e possibili impatti sull’agricoltura italiana: come i principali cambiamenti normativi si inseriscono nel quadro della struttura produttiva nazionale” organizzato da Nomisma, in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation.
Con la presentazione a Bruxelles del Piano nazionale strategico lo scorso 31 dicembre 2021, l’Italia ha definito il nuovo sistema dei pagamenti diretti per il 2023/27, oltre a perfezionare la griglia di interventi dello Sviluppo Rurale. L’incontro è stata perciò l’occasione per fare una riflessione a caldo sulle novità che caratterizzeranno l’applicazione della Pac nel nostro paese a partire dal 2023.
Per la prima volta, così come richiesto dal nuovo iter procedurale voluto dalla Commissione europea, gli Stati membri hanno goduto di alcuni rilevanti gradi di libertà nella definizione delle risorse e nella selezione dei meccanismi di erogazione dei pagamenti diretti. Le principali scelte dell’Italia, maturate nell’ambito di un tavolo di partenariato che ha coinvolto le regioni e le parti economiche e sociali, sono state finalizzate a conseguire due grandi obiettivi: quello di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e di rafforzamento dell’architettura verde della Pac.
Riguardo al primo obiettivo, l’Italia ha deciso di mantenere il sistema dei titoli, destinando annualmente al Sostegno di base 1,678 miliardi di euro. Nel loro ricalcolo questo si traduce in una contrazione del 47% rispetto ai 3,168 miliardi di euro erogati a favore di pagamento di base e greening nel 2020.
Diversi gli interventi per ridistribuire le risorse dai titoli più alti a quelli più bassi. Per il valore dei titoli, è stato fissato un tetto massimo di duemila euro dal 2023. Contestualmente, prosegue il percorso di convergenza: nel 2026 tutti i titoli raggiungeranno un valore almeno pari all’85% del valore medio nazionale (167,19 euro). I titoli più alti saranno quindi soggetti a una progressiva riduzione in quattro step, con uno “stop loss” al 30%. Tramite il sostegno ridistributivo circa 349 milioni di euro saranno erogati alle aziende agricole di minori dimensioni (il sostegno è ammesso fino ad un massimo di superficie pari a 14 ettari, per dimensioni aziendali inferiori ai 50 ettari).
Infine, è confermato l’aiuto accoppiato che, con una dotazione di 454 milioni di euro l’anno, interesserà i cereali (frumento duro e riso), alcune colture industriali (barbabietola da zucchero e pomodoro da trasformazione), oleaginose e leguminose (eccetto la soia), gli agrumi e l’olivo, oltre alla zootecnia. Prosegue l’attenzione ai giovani agricoltori, con un intervento sinergico di interventi fra I e II pilastro, e alla gestione del rischio, con il 3% delle risorse dei pagamenti diretti destinate a finanziare come quota a carico dei privati il nuovo Fondo mutualistico nazionale, mentre la parte pubblica resta a carico del budget dello Sviluppo Rurale.
Sul fronte della transizione ecologica, Bruxelles era già intervenuta con una condizionalità rafforzata che ingloba anche obiettivi ambientali e sociali (tutela del lavoro in agricoltura). Su scala nazionale sono stati invece definiti cinque nuovi Eco-schemi, a cui sono destinati circa 874 milioni di euro (25% del budget dei pagamenti diretti) e che opereranno in sinergia con i 26 interventi agro-climatico-ambientali (Aca) dello Sviluppo rurale. Tra questi vale la pena ricordare il pagamento per la riduzione dell’antimicrobico resistenza e il benessere animale destinato alla zootecnia che detiene la quota maggiore delle risorse (43%).
Il Piano strategico nazionale è ora la vaglio della Commissione europea, per cui è possibile che da qui a giugno il piano si perfezioni con alcune integrazioni e correzioni, frutto del negoziato. Tuttavia la struttura è in gran parte definita e rivela come il nostro Paese abbia deciso da un lato un atterraggio morbido e diluito nel tempo del processo di convergenza dei valori dei titoli e dell’altro di calibrare l’intervento ambientale su alcuni specifici settori, come zootecnia e olivicoltura. In ogni caso gli impatti su alcune porzioni della nostra agricoltura, in particolare quelle aziende con titoli dal valore oggi sopra la media nazionale, non saranno trascurabili.
Inoltre, nella strategia nazionale diventa centrale il tema della gestione dei rischi che, mai come in questa programmazione, conterà su risorse cospicue e strumentazioni nuove. Circa tre miliardi di euro a sostegno degli strumenti di gestione del rischio e la realizzazione del primo fondo mutualistico nazionale a copertura dei rischi catastrofali, la cui frequenza e intensità è aumentata nel corso di questi ulti anni.
Si tratta di direttrici che innovano profondamente l’offerta nazionale di politiche agricole e aprono all’innovazione sia tecnica che organizzativa. In particolare smart farming e strumenti contrattuali risulteranno due tra le principali chiavi di lettura per il futuro dell’agricoltura italiana.
L’evento ha stimolato alcune interessanti considerazioni fra i diversi partecipanti
Paolo De Castro, presidente del Comitato scientifico di Nomisma, ha coordinato i lavori e, in apertura dell’incontro, ha ricordato che “la nuova Pac, grazie alla sua rilevante dotazione finanziaria garantisce una prospettiva di medio periodo per l’agricoltura italiana ed europea. In un momento di profonda incertezza e drastici cambiamenti – dalla pandemia, alla forte spinta inflazionistica delle materie prime – gli agricoltori potranno contare su aiuti diretti e risorse per realizzare gli investimenti necessari lungo un percorso di transizione ecologica e digitale e garantire una offerta di cibo salubre e di qualità”.
Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma, ha delineato il nuovo quadro nel quale sono maturate le scelte italiane del Piano strategico nazionale della Pac. “Con il nuovo impianto della Pac, i paesi membri hanno beneficiato di alcuni gradi di libertà nella selezione degli interventi. Tuttavia il mandato di Bruxelles è stato chiaro nell’indicare la necessità di attenuare le disomogeneità nella percezione dei pagamenti diretti e nel perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale, oltre che economica, coerentemente ai principi del Green Deal”.
Ed è proprio nel Piano strategico nazionale che sono contenute le scelte fatte dall’Italia in merito ai pagamenti diretti per il periodo 2023-2027 che, secondo Angelo Frascarelli, presidente Ismea “sono molto diversi rispetto alla situazione attuale, sia per effetto dei nuovi plafond sia per la convergenza: oggi gli agricoltori sono certi di beneficiare del pagamento di base e del pagamento greening, pari all’85% del plafond. Dal 2023, gli agricoltori saranno certi solo del pagamento di base, pari al 48% del plafond. Diventa quindi fondamentale accedere agli eco-schemi, ma non tutti i settori lo potranno fare. I settori zootecnico, olivicolo, viticolo e frutticolo, tramite l’accesso agli eco-schemi e al sostegno accoppiato, riusciranno a mantenere i livelli di sostegno attuale. Invece, alcuni settori avranno una forte riduzione del sostegno. Tra questi, cereali a paglia, mais, tabacco, pomodoro da industria, ortive”.
Sul tema degli accordi di filiera nello scenario della nuova Pac è intervenuto il Capo servizio tecnico Gabinetto di presidenza e segreteria generale Coldiretti, Alessandro Apolito, che ha rimarcato come “gli accordi di filiera sono uno degli strumenti più importanti per rilanciare strategicamente il settore agroalimentare e per garantire rapporti più equi tra i diversi segmenti. Non è un caso che vengano definite come buone pratiche nel decreto legislativo di contrasto alle pratiche sleali e siano considerati centrali per il Pnrr e per il Piano strategico nazionale della nuova Pac”.
A conclusione del convegno il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, ha ricordato: “Il settore primario, che gioca un ruolo fondamentale nell’economia del nostro paese, può contare in questo momento su importanti risorse e su una maggiore flessibilità a disposizione degli Stati membri. Il Piano strategico nazionale affronta le sfide presenti e future che attendono il comparto. L’obiettivo è arrivare al 2027 con una sempre maggiore sicurezza e qualità alimentare, una più efficiente valorizzazione delle risorse naturali e un riequilibrio del valore, rafforzando la competitività delle nostre filiere”.
Fonte: Nomisma