“Nell’Unione europea la situazione è confusa e compulsiva, ci sono tendenze dettate dalla ricerca di soluzioni sostenibili. Ma la parola sostenibilità, a nostro avviso, è stata fraintesa“. Sintetizza così Massimiliano Persico, corporate marketing executive di Carton Pack, la posizione dell’azienda nei confronti dello scenario che, in materia di imballaggi per l’ortofrutta, si sta delineando in Europa.
Una normativa che rischia di fare danni
“La riforma della disciplina degli imballaggi a cui l’Ue sta lavorando – spiega Persico – preoccupa per le potenziali ricadute economiche, sociali ed ambientali che ne deriverebbero sia sui produttori di imballaggi, sia sui loro fornitori di materia prima, ma anche sugli utilizzatori industriali, i costruttori di macchinari per il confezionamento e l’imballaggio, la logistica, i riciclatori, la grande distribuzione organizzata, i consumatori. La riforma mette infatti al centro la discriminazione dei materiali, il prodotto sfuso, le filiere a chilometro zero e si pone in contrasto con la forte propensione delle imprese italiane all’export e con le esigenze complessive del mondo agricolo, industriale e del commercio”.
“Carton Pack – sottolinea il manager – non è contraria al cambiamento, anzi, tant’è che da anni è attiva in progetti di respiro internazionale come Social Plastic. Ma l’impressione è che si stia correndo verso un obiettivo poco costruttivo. A nostro avviso non serve eliminare la plastica monouso, semmai puntare sulla selezione del prodotto riciclato e sul giusto mix“.
Il giusto mix
“Siamo un’azienda multimateriale, che produce packaging in carta, cartone, plastica, plastica riciclata, bioplastica, polpa – puntualizza Persico – Pertanto, forti della nostra esperienza, constatiamo l’importanza del giusto mix, soprattutto in un reparto come quello dell’ortofrutta, dove le referenze non sono tutte uguali. Se, per esempio, il sacchetto in carta è un’ottima soluzione per creare ordine e ridurre lo spreco tra gli agrumi venduti sfusi, non è altrettanto efficace quando si tratta di piccoli frutti, per i quali la plastica resta l’imballaggio più igienico e più sicuro, perché non permette l’osmosi tra il prodotto e il materiale e non favorisce la creazione di ambienti umidi ottimali per lo sviluppo di muffe e marciumi”.
“In altre parole – aggiunge – gli imballaggi andrebbero scelti in funzione di diversi criteri, della tipologia di prodotto, della logistica che deve affrontare, della sicurezza alimentare. Su carta e cartone, infatti, c’è ancora un lato oscuro, ossia la mancanza di una normativa europea chiara e stringente sul contatto alimentare”.
Se, infatti, per la plastica sono previste prove di migrazione tra prodotto e imballaggio per carta e cartone la legislazione è vaga e lascia alla coscienza dell’industria. “Noi optiamo per l’inserimento di barriere funzionali – argomenta – ma non siamo obbligati a farlo”.
Non stupisce, quindi, il dietro front della Francia sull’eliminazione della plastica monouso. “La Francia tra un paio di settimane tornerà sul monouso, sul quale sta avendo un ripensamento – riferisce – Eliminarlo è pericoloso, occorre invece fare sistema per ottimizzarne il recupero”.
L’Italia è un modello
Secondo i dati di Confindustria, il modello italiano di gestione dei rifiuti di imballaggi rappresenta un’eccellenza nel panorama europeo. “Il tasso di riciclo degli imballaggi in Italia supera regolarmente le previsioni e neanche l’emergenza sanitaria ha frenato questo settore dell’economia circolare – fa notare Persico – Nel 2020 sono stati avviati a riciclo il 73% degli imballaggi immessi sul mercato, il 3,3% in più rispetto al 2019”.
Nel dettaglio, hanno trovato una seconda vita 371mila tonnellate di acciaio, 47mila e 400 di alluminio, quattro milioni e 48mila di carta, un milione e 873mila di legno, un milione e 76mila di plastica, due milioni e 143mila di vetro.
“Sommando ai numeri del riciclo quelli del recupero energetico, il totale di imballaggi sottratti alla discarica cresce e si avvicina all’84% (83,7%), per un totale di quasi 11 milioni di tonnellate – rileva – A nostro avviso è su questi aspetti che occorre puntare. Nel 2022 le tecnologie per migliorare la selezione dei materiali e dar loro nuova vita ci sono e sono mature”.
Al consumatore piace la plastica
Infine, una constatazione sui gusti del consumatore, che poi è colui che nel reparto sceglie. “Il consumatore cerca visibilità e ispezionabilità del prodotto, perché vuole evitare lo spreco. Oltretutto negli altri reparti la plastica la trova, basti pensare al reparto salumeria dove viene impiegata senza limiti per confezionare poche fette di affettato. A nostro avviso – conclude – Non si deve fermare la ricerca per nessun materiale e il nostro secchiello BK in Pet riciclato Social Plastic è la massima espressione di questo concetto. Riciclabile al 100%, monocolore, monomateriale è perfetto per i prodotti e semplifica il riciclo e la selezione del materiale al momento del recupero”.