Con l’obiettivo di agevolare la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi, nonché incrementare la consapevolezza dei consumatori in tema di sostenibilità, dal primo gennaio 2023 entra in vigore dell’etichettatura ambientale.
Il che significa che in Italia sarà obbligatorio comunicare sulle confezioni dei prodotti la destinazione finale degli stessi al momento del loro smaltimento. Sul pack dovranno inoltre essere indicati i materiali di cui è composto.
Il packaging è un elemento di sostenibilità
A confermare l’importanza dell’informazione circa lo smaltimento del packaging sono i dati dell’Osservatorio packaging di Nomisma, i quali sottolineano come la sostenibilità alimentare passi anche dal packaging, il quale contribuisce a definire un prodotto sostenibile soprattutto quando è riciclabile (62%), realizzato con materiali sostenibili (59%), senza overpackaging (46%) e plastic free (41%).
In quest’ottica, particolarmente apprezzata è la carta che, essendo biodegradabile, riciclabile, compostabile e rinnovabile, nonché capace di sostituire la plastica in numerosi utilizzi, è tra i materiali preferiti per i nuovi pack, anche nel reparto ortofrutta.
Che cosa chiede la norma
Secondo le disposizioni previste, sugli imballaggi dovranno essere presenti (con una scritta o rappresentazione grafica) una serie di informazioni, a cominciare dalla tipologia: flacone, bottiglia, vaschetta, etichetta, lattina. Inoltre il pack dovrà riportare l’identificazione specifica del materiale (codifica alfanumerica ai sensi della Decisione 97/129/Ce, integrata eventualmente con l’icona prevista ai sensi della Uni En Iso 1043-1:2002 che detta norma sugli imballaggi in plastica), oppure, ai sensi della Cen/Cr 14311:2002 (imballaggi in acciaio, alluminio e plastica), per esempio: Pet(1), Alu(41), Pap(21).
Infine non potrà mancare la famiglia di materiale di riferimento e l’indicazione sul tipo di raccolta (differenziata/indifferenziata). Nel caso si tratti di raccolta differenziata, occorre specificare il materiale di riferimento.
Sarà la volta buona?
Va detto che si tratta di una misura che sta facendo fatica a vedere la luce: per motivazioni differenti ha infatti avuto diversi rinvii. Sarebbe infatti dovuta entrare in vigore nel settembre 2020, ma il disappunto delle imprese per il mancato preavviso aveva portato a un primo rimando al 31 dicembre 2021. Era poi arrivata un’ulteriore proroga che aveva concesso altri sei mesi alle imprese coinvolte e al ministero della Transizione ecologica per sciogliere i dubbi interpretativi. La data del primo gennaio 2023, al momento, sembra essere quella buona.