“La gestione automatizzata dell’impianto ci tranquillizza, perché un computer difficilmente sbaglia. Ma la raccolta, ossia la fase più delicata del ciclo produttivo, è rigorosamente manuale”. Così Paolo Gazzotti, titolare della Fattoria di Pol di Borghetto Santo Spirito (Savona), esordisce raccontando del suo basilico coltivato in una serra aeroponica. “Facciamo un taglio alla settimana – riferisce – Con il nostro metodo di produzione le piante crescono più velocemente, le foglie sono più carnose e hanno dimensioni maggiori rispetto a un basilico tradizionale. Il prodotto raccolto, perfettamente pulito, lo conferiamo ai produttori di pesto, in alcuni casi direttamente ai ristoranti. Non ci poniamo in concorrenza con chi produce basilico Dop (Denominazione di origine controllata) oppure biologico, ma dovrebbe essere chiaro a tutti che le nostre sono produzioni altamente sostenibili“.
La coltura aeroponica sotto la lente
Le colture aeroponiche crescono fuori dal terreno, senza alcun tipo di substrato di coltivazione, nemmeno l’acqua come avviene nelle idroponiche. E, pertanto, le radici fluttuano nell’aria: “Gli impianti sono modulari – spiega il produttore – E dunque possono essere riprodotti all’infinito. Le piante di basilico, sorrette da pannelli forati posti su canalette in pvc, si trovano ad altezza uomo favorendo il lavoro degli operatori, tanto che nelle nostre serre potrebbero lavorare anche persone con disabilità. E’ un progetto a cui stiamo lavorando per il futuro, ci interessa anche il risvolto sociale“. I nutrienti necessari alla crescita delle colture vengono somministrati attraverso un sistema di nebulizzazione direttamente sulle radici: “Non usiamo concimi organici perché sporcherebbero – puntualizza Gazzotti – Il nostro sistema permette un maggiore assorbimento del calcio, perché la pianta vive a un pH controllato. Il che si traduce in una minore ossidazione delle foglie durante la trasformazione in pesto”.
I vantaggi della tecnica aeroponica sono più di uno, tra cui l’estensione del calendario produttivo: tecnicamente si può produrre la stessa coltura 12 mesi all’anno. Inoltre, come fa notare il produttore, le piante crescono più velocemente e senza patologie, perché di fatto sono assenti le proliferazioni batteriche o fungine. E poi c’è l’incremento produttivo: rispetto al metodo tradizionale, si stima il 30-40% in più. Anche perché il basilico viene solo cimato, dunque non ci sono sprechi.
Inoltre, a differenza di quanto accade nella coltivazione idroponica, nell’aeroponica non si manifestano carenze di ossigeno. “E ci sono almeno altri due vantaggi – aggiunge Gazzotti – Impianti come il nostro possono essere avviati ovunque, e possono essere sviluppati anche in verticale. E poi è un metodo di coltivazione è sicuramente sostenibile”.
L’agricoltura aeroponica è sostenibile
“Si tratta di un ciclo chiuso – argomenta Gazzotti – Tutto quello che la pianta non utilizza lo recuperiamo, a cominciare dall’acqua. Nell’agricoltura aeroponica il consumo di acqua è ridotto del 60% rispetto a una coltivazione idroponica e del 95% rispetto a una coltivazione a terra. Non esistono fenomeni di lisciviazione dei fertilizzanti nel suolo, perché il terreno non c’è e dunque è impossibile inquinare le falde. L’agricoltura aeroponica riduce del 60% il consumo di fertilizzanti rispetto a una coltivazione tradizionale”.
Le colture aeroponiche, in Italia, oggi rappresentano una nicchia: circa 20 ettari, suddivisi in diversi micro impianti. Ma sono in sviluppo?
Le aeroponiche sono finanziabili con il Psr
“A mio avviso sì – prosegue il produttore – Ma servono finanziamenti. Noi, per esempio, siamo rientrati in una misura del Psr (Programma di sviluppo regionale) Liguria finalizzata al risparmio energetico e idrico. Per quanto ci riguarda lavoreremo per rendere la produzione di basilico costante tutto l’anno e per rendere le nostre serre ancora meno energivore. Ma serve anche che si faccia cultura”.
Aeroponiche vs bio
“Quello che manca alle aeroponiche è un riconoscimento – conclude – Perché, pur essendo altamente sostenibili, non possono essere assimilate alle coltivazioni bio, perché non hanno corrispondenza con il disciplinare, d’altro canto non si utilizza il terreno, uno dei primi elementi su cui poggia il metodo bio. Ma i consumatori devono imparare a conoscerle e ad apprezzarle. Penso che serva la collaborazione di tutti, anche della distribuzione”.