Il coronavirus come volano dell’e-commerce. Sì, perché la quarantena forzata sta cambiando le abitudini di acquisto dei consumatori e pertanto, per molte imprese, la vendita online rappresenta oggi un nuovo canale strategico. A dirlo sono i risultati di una ricerca Nielsen: nelle ultime settimane la spesa online di prodotti di largo consumo è aumentata di oltre l’80%. Tale tendenza potrebbe consolidarsi e interessare anche altri settori merceologici, quali moda, arredamento, tecnologia, salute e bellezza.
Con l’impennata dell’e-commerce sono in aumento anche gli imballi dei prodotti venduti online, cresciuti del 73% in queste settimane, con i relativi obblighi di raccolta, riciclo e smaltimento dei rifiuti. Secondo un’analisi condotta da Zpc, società di consulenza di Verona specializzata in servizi di export compliance, la gestione dei rifiuti di imballaggio dalle vendite online è una delle principali criticità per le aziende che immettono in consumo beni nei mercati Ue, a causa della varietà di norme europee e del rischio sanzioni.
L’Europa impone infatti agli stati membri di adottare sistemi per la gestione dei rifiuti di imballaggio, con l’obiettivo entro il 31 dicembre 2025 di riciclare almeno il 65% dei rifiuti. Tuttavia, ogni paese è libero di organizzarsi in modo autonomo. L’effetto è una diversità di sistemi nazionali e di obblighi differenti per le aziende a seconda del paese in cui i prodotti imballati vengono esportati, in particolare nel gestire il recupero, il riciclo e lo smaltimento, in proprio o attraverso un’organizzazione terza (Pro) che assicura il rispetto dei requisiti.
Riguardo l’e-commerce, in molti mercati europei manca una chiara regolamentazione degli obblighi degli operatori che consegnano beni imballati al consumatore finale. Se ad esempio in Germania, Portogallo e Svezia gli operatori e-commerce sono inclusi tra i soggetti obbligati, in altri mercati non contribuiscono al finanziamento dei sistemi di gestione degli imballaggi, una criticità segnalata in particolare dall’Irlanda.
È quindi importante per le aziende informarsi sui sistemi di gestione degli imballaggi per essere conformi ed evitare il rischio sanzioni, che provocherebbero un danno non solo economico, ma anche reputazionale dovuto alla sempre maggiore sensibilità dei consumatori verso le tematiche ambientali.
Secondo l’analisi di Zpc, gli altri fattori critici a livello europeo nella gestione dei rifiuti di imballaggio sono l’assenza di una chiara definizione della ripartizione degli obblighi tra gli operatori (produttore, importatore, distributore, operatore e-commerce, enti e organizzazioni), l’obbligo in alcuni paesi di aderire a organizzazioni Pro, i differenti criteri di etichettatura degli imballaggi, le responsabilità per l’immissione in consumo di imballaggi in eccesso delle soglie minime di valore.
Analizzando le più importanti destinazioni dell’export italiano, tra i vari obblighi emerge che in Germania le aziende devono registrarsi al sistema Lucid prima di poter immettere i materiali di imballaggio sul mercato, con sanzioni molto salate in caso di inadempimenti. In Francia vige invece l’obbligo di indicare il logo Triman su tutti rifiuti di imballaggi per i quali esiste un flusso di riciclo, mentre in Spagna occorre apporre il marchio “Punto verde” adottato da Pro Europe per gli imballaggi domestici destinati in questo paese, con il problema che in caso di invio dello stesso imballaggio in altri paesi occorre regolamentare l’uso del marchio.