Legno, cartone ondulato o plastica? E quest’ultima, riutilizzabile oppure a perdere? Così, in sintesi, si compone la variegata offerta degli imballaggi nel complesso mondo dell’ortofrutta. Imballaggi che hanno sostanzialmente tre funzioni principali: da un lato devono proteggere i prodotti durante il trasporto, dall’altro devono contenerli una volta giunti a destinazione – quando sono disposti nelle scaffalature della Gdo o sui banconi dei mercati –, dall’altro ancora devono costituirne il confezionamento finale, il cosiddetto packaging.
L’imballaggio riveste una funzione più che strategica, perché veicola una serie di informazioni relative non solo all’immagine aziendale – ha infatti un’importante ruolo nel marketing e nella comunicazione – ma anche agli standard igienico-sanitari. Le variabili e le declinazioni sono molteplici: accanto ai più tradizionali vassoi e vaschette di plastica, vi sono i contenitori in cartone e film biodegradabile, spesso utilizzati per i prodotti bio. In attesa di conoscere le novità che verranno presentate a Macfrut, vediamo dunque nel dettaglio i punti di forza e le tendenze in atto per ciascuna tipologia di imballaggi.
Cartone Ondulato
«Il cartone ondulato è l’imballaggio più utilizzato in Italia per l’ortofrutta, con oltre il 32% di quota. A dirlo è Claudio Dall’Agata, Managing Director del Consorzio Bestack, il Consorzio a cui aderiscono 9 aziende che dispongono di 15 stabilimenti in tutta Italia e che rappresentano oltre il 90% della produzione italiana di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta. Come ha spiegato Dall’Agata, il cartone ondulato è apprezzato, nel comparto dell’ortofrutta, per una serie di motivi: è rinnovabile, è riciclabile al 100%, ed è strategico per le politiche di marketing dei produttori, perchè è stampabile e consente di valorizzare al meglio il prodotto e il brand. Inoltre, gli imballaggi in cartone ondulato impiegati nell’ortofrutta sono fatti in fibra vergine, perchè devono rispettare i più alti standard igienico-sanitari. «In Italia abbiamo la legislazione più stringente in tema di imballaggio per il food – ha precisato Dall’Agata – e credo che si debbano sfatare alcuni falsi miti». Quali? «Per esempio non è vero che per produrre cartone ondulato si tagliano gli alberi: al contrario, si coltivano per produrre cellulosa – ha precisato -. Il saldo di reimpianto è positivo, in pratica si piantano più alberi rispetto a quanti ne vengono tagliati».
«L’imballaggio deve occuparsi di ciò che contiene valorizzandolo, ma soprattutto conservandolo, al fine di eliminare gli sprechi – ha ricordato Dall’Agata -. Il fine del Consorzio è creare innovazione e di renderla disponibile a tutto il settore del cartone, come per esempio è stato fatto con il brevetto “Attivo”, il packaging presentato all’ultima edizione di Macfrut in grado di aumentare la shelf-life del prodotto di circa due giorni, riducendo in modo significativo gli sprechi». A proposito di Macfrut, quest’anno a Rimini il Consorzio si proporrà con “Spettacoli alla frutta”, un contest di corti teatrali che vedrà la partecipazione di compagnie amatoriali, chiamate a realizzare delle piccole performance incentrate sulle eccellenze ortofrutticole italiane: l’arancia Oranfrizer, il carciofo Violì, la fragola Solarelli, il kiwi Jingold, la mela Melinda, il melone Mundial, l’anguria midi Perla Nera, la pera Angelys, le pesche e nettarine Valfrutta, i piccoli frutti Delizie del bosco di Piemonte, il pomodoro iLcamone, la susina Metis e l’uva Viviana.
«È funzione delle confezioni contribuire a creare valore al prodotto che contengono, – ha chiosato il manager – l’industria alimentare di marca ha fatto scuola in questo senso. In quest’ottica credo che l’imballaggio debba contribuire a qualificare e raccontare l’ortofrutta che contiene. Se il consumatore è informato sarà più facile ispirarlo nell’atto d’acquisto. Noi a Rimini mostreremo i risultati di questa informazione, attraverso la creatività di chi prima di tutto è consumatore». Il montepremi in palio supera i 10mila Euro.
Plastica
«Abbiamo l’ambizione di promuovere il riutilizzo nella sua accezione più ampia – ha esordito Carlo Milanoli, Presidente del Consorzio Eurepack –. Le cassette a sponde abbattibili sono un bene durevole, che viene riutilizzato per un certo numero di volte e che poi viene riciclato nella produzione di altri beni analoghi: di fatto, la nostra plastica non produce rifiuto». In altre parole, nonostante la plastica sia un tema sempre controverso, l’operato del Consorzio Eurepack dimostra come, se ben utilizzati, anche gli imballaggi in plastica possano avere impatto (quasi) zero. A patto che siano riutilizzabili e che entrino nel circuito delle cassette a sponde abbattibili, un circolo virtuoso il cui motore è il pooler. In questo modo l’imballaggio risulta sostenibile – perché non si trasforma mai in rifiuto, una volta giunte fine vita le cassette vengono reimpiegate, insieme a materiale vergine, per produrre nuove cassette – ed economico, perché le cassette si noleggiano e nel fee di noleggio è compreso anche il lavaggio, la sanificazione. «La vita media di una cassetta di questo tipo è di circa 10 anni – ha spiegato il Presidente – ma in realtà la vita utile si conta in cicli: se adeguatamente trattata, una cassetta può compiere mediamente 100 cicli, tanto che il mercato è oramai stabile, si tratta di produzione di rimpiazzo». Un ciclo significa che la cassetta noleggiata dalla Grande distribuzione viene inviata dal pooler al produttore di ortofrutta, il quale la riempie a la rinvia al punto vendita. Concluso il suo utilizzo, il pooler la ritira, la sanifica e riparte un nuovo ciclo. «Nessuno sa quante cassette a sponde abbattibili siano in circolazione – ha raccontato il Presidente – perché le cassette circolano senza sosta tra produttore, Gdo e pooler. Possono durare in eterno». «Un altro vantaggio di questi imballaggi – ha proseguito Milanoli – è la durata del prodotto: studi dimostrano che, se adeguatamente igienizzate, le cassette a sponde abbattibili permettono una vita più lunga del prodotto ortofrutticolo».
A Macfrut il Consorzio Eurepack sarà presente tramite i propri consorziati e sarà alla ricerca di nuovi produttori di cassette a sponde abbattibili: «Il numero di aziende che produce questi imballaggi – ha concluso il Presidente – è pressoché infinito, è un mondo vastissimo. Noi siamo sempre disponibili a incontrare nuovi produttori».
L’altra faccia della medaglia in tema di imballaggi in plastica è quella rappresentata da CO.N.I.P., il Consorzio Nazionale Imballaggi in Plastica che dal 1998 riunisce tutti gli attori della filiera delle casse in plastica – produttori, utilizzatori, raccoglitori e riciclatori – e che si occupa della gestione di casse e pallet in plastica prodotti con materiale riciclato e riciclabile al 100%: sono circa 400 i modelli diversi di casse, molti adatti ad essere impiegati nella filiera dell’ortofrutta. «Il Consorzio – ha spiegato il direttore generale Cosimo De Benedittis – vent’anni fa si è costituito con l’obiettivo di istituire un modello organizzativo innovativo in grado di garantire una gestione del rifiuto corretta in equilibrio tra concorrenza, efficacia, efficienza ed economicità, adempiendo agli obblighi legislativi in materia di riciclo e recupero». E proprio in tema di recupero, il sistema messo a punto dal CO.N.I.P. ha permesso di raggiungere e superare sempre l’obiettivo minimo di riciclo previsto dalla legge, e cioè il 60%. Per dirla con in numeri, in 20 anni il Consorzio ha immesso sul mercato circa 1,5 milioni di tonnellate di imballaggi e ne ha riciclati oltre 900mila tonnellate. Inoltre, ha fatto notare il direttore, l’impegno costante di tutti i protagonisti di CO.N.I.P. ha permesso di raggiungere risultati ragguardevoli in termini di progettazione di imballaggi, riduzione del peso delle casse, risparmio energetico, efficienza del trasporto, potenziamento delle piattaforme di raccolta, miglioramento dei processi produttivi, valorizzazione della materia prima seconda all’interno del circuito. Il Consorzio è anche promotore del modello closed loop, il meccanismo che consente di riutilizzare la materia prima seconda che proviene dai processi di riciclo delle casse e dei pallet a marchio CO.N.I.P. per la produzione di nuovi imballaggi. Un modello che, una volta terminato il proprio ciclo di vita, garantisce la raccolta degli imballaggi immessi sul mercato dai produttori consorziati. «Non bisogna dimenticare che il rifiuto – ha concluso il direttore – ha un valore e rappresenta una risorsa».
Legno
L’Italia, con le sue 150 aziende produttrici di cassette in legno capillarmente presenti su tutto il territorio nazionale, produce ogni anno 450 milioni di pezzi, tanto da essere tra i primi produttori nel mondo. Grazie all’attività di Rilegno – il Consorzio nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclo degli imballaggi in legno – il quale vigila, controlla e incentiva i flussi del recupero e del riciclo, le cassette immesse al consumo ogni anno in Italia sono parte di un sistema circolare. In pratica, gli utilizzatori – dunque i grossisti, commercianti, cooperative, centri di trasformazione, grande distribuzione – possono contare gratuitamente, nella gestione del fine vita, sull’attività del Consorzio che, con le sue 416 piattaforme private e convenzioni con oltre 4.500 Comuni, permette di riutilizzare nuovamente gli imballaggi, trasformandoli in nuova materia prima.
«Rilegno – ha spiegato Nicola Semeraro, Presidente del Consorzio – unitamente ai propri consorziati crede che sia possibile una crescita del mercato nel settore ortofrutticolo. Questa crescita potrà avvenire facendo sistema e investendo in ricerca e innovazione come del resto si sta facendo. Le cassette di legno – ha concluso Semeraro – andranno oltre la loro natura di contenitori e diventeranno veicoli di dati utilizzabili dagli attori della filiera. Si tratta dunque di un sistema circolare innovativo e sostenibile».